La Settimana Santa

La Settimana Santa a Randazzo

LA SETTIMANA SANTA A RANDAZZO 

A CURA DI 

SALVATORE RIZZERI

 

             

            

La liturgia Cattolica non conosce una settimana più ricca di significato paragonabile a quella in cui si commemorano gli ultimi giorni vissuti sulla terra da Gesù Cristo. Ciò spiega come non solo liturgicamente, ma anche nell’animo popolare permeato di Cristianesimo, essa rappresenti il centro della vita Cristiana e perciò il momento più ricco di manifestazioni folcloristiche che acquistano un colore del tutto singolare, specialmente in alcuni paesi dell’interno dell’isola. Non vi è infatti Cristiano nel quale la Settimana Santa non risvegli nel cuore la necessità di esprimere, con le sue manifestazioni, la gioia e il dolore che caratterizzano questi giorni. Manifestazioni che hanno inizio con le Processioni, prettamente folcloristiche, di ciascun giorno della settimana in cui si sono divisi il turno le varie “ Confraternite “. Ai fini di una migliore fruizione dello studio abbiamo pensato di riservare un capitolo a parte per ciò che attiene l’abbigliamento la descrizione completa dei personaggi e figuranti della Settimana Santa.

LUNEDI’ SANTO

E’ il giorno della  Confraternita dell’Addolorata che ha la sua sede nella chiesetta di S. Pietro. Un tempo tale processione era preceduta da altri due avvenimenti ormai caduti in disuso:

  1. Al mattino l’Arciconfraternita del SS. Crocifisso di S. Martino si recava processionalmente nella chiesa di S. Maria per partecipare alla solenne adorazione del SS. Sacramento e ascoltare la Messa.
  2. Nel pomeriggio toccava all’Arciconfraternita delle Anime del Purgatorio di S. Nicola recarsi nella chiesa di S. Maria.

La sera di tale giorno ha luogo la processione detta della “ fratellanza “ cui partecipano gli affiliati alla Confraternita dell’Addolorata, le Amministrazioni delle altre Confraternite, ma non delle Arciconfraternite, le autorità civili, militari, la banda musicale e i fedeli tutti, inizia intorno alle 19,00. I confrati vestono la tradizionale tunica bianca con mantella fucsia, dello stesso colore del palio, alle due estremità la mantella reca lo stemma della Confraternita, mentre il capo è coperto da un cappuccio bianco che scende fin sulle spalle. La processione si snoda su due file laterali ed i confrati portano in mano un cero acceso, in testa alla Confraternita vi è il palio ed in mezzo ai confrati, a centro strada, sfilano i figuranti:

  • Cristo alla colonna – Cristo coronato di spine – Cristo che porta la Croce,
  • Angeli. Impersonati da fanciulli e fanciulle che non superano i tre anni di età,
  • La “ Veronica “.Vestita di nero mostra il volto di Cristo impresso sulla tovaglia di lino,
  • Giovanni Battista,
  • Tre Marie ( Marta – Maria – Maddalena ),
  • Le Pie donne. Gruppo di fanciulle in vestiti d’epoca con il capo avvolto da un velo nero,
  • Paggi. Recano su un cuscino di velluto rispettivamente un pugnale, i chiodi e la corona di spine,
  • Gli Apostoli. In tunica lunga di colore scuro e mantello di colore contrastante.

Il Crocifisso, coperto da un velo nero, viene portato da un esponente della Confraternita e scortato dai Nicodemi: sono giovani o fanciulli con splendidi vestiti di seta e portanti, come insegna della Passione, una scaletta al braccio. I loro turbanti sono arricchiti da preziosi e vistosi monili. Un tempo la Croce, che chiude la processione, procedeva sotto un baldacchino ed era portata da un Sacerdote che aveva in testa una corona di spine ed al collo una corda che gli scendeva davanti e lo aiutava a portarla; era inoltre attorniata da quattro incappucciati, I babaluti , che portavano le insegne della Passione. La processione, che segue un percorso identico da secoli, giunta alla chiesa di S. Maria si ferma per ascoltare la predica e quindi si avvia per il ritorno alla chiesa di origine.

 

 

MARTEDI' SANTO

La medesima processione, con le stesse modalità, per la stessa via, con le medesime insegne è curata dalla Confraternita dell’Annunziata, la più antica della città, erede della estinta Confraternita della Xiabica (la xiabica è una particolare rete da pesca) istituita a Randazzo nel XIV secolo da mercanti Genovesi e Pisani che qui si rifornivano del legname necessario a costruire le loro flotte. Poiché la chiesa dell’Annunziata si trova ad un centinaio di metri dalla Basilica di S. Maria, la processione vi entra quasi subito per ascoltarvi il Quaresimale e solo dopo, intorno alle 20,00, prosegue per il tragitto tradizionale. Alla processione, oltre alle Amministrazioni delle altre Confraternite, dall’anno 2000 partecipa anche la nuova Confraternita del Sacro Cuore, che sfila a capo scoperto. Unica particolarità è che al ritorno dalla chiesa di S. Maria, dopo la predica, tutti i confrati si coprono il capo con un velo bianco. Uso non facilmente spiegabile ed il cui significato si perde nel buio dei secoli. Da qualche anno, inoltre, la Confraternita porta in processione la Croce con il Cristo coperto da un velo anzicchè il più tradizionale “ Gonfalone “ della Settimana Santa di cui è custode. Il Gonfalone è una Croce senza il Cristo ma con i segni della Passione. Sul legno verticale a partire dall’alto vi sono: il gallo, i dati, il calice, l’acetiera, la colonna. Sul legno trasversale, a sinistra guardando la Croce troviamo: la tenaglia, la lancia, la spugna; a destra: la scala, i chiodi e il martello. Nel punto centrale dei due legni vi è la corona di spine, mentre alle estremità sono poste le tre lucerne che ci richiamano al mistero della Trinità.

La Confraternita dell’Annunziata è custode anche di un’altra insegna della Settimana Santa, molto pesante che non sempre viene portata in processione a causa della sua pesantezza. L’insegna riporta su un frontale l’immagine della Madonna Annunziata con l’Arcangelo Gabriele e sull’altro quella del Crocifisso. Alle tre estremità vi sono le tre lucerne, simbolo della trinità. Identico da secoli rimane l’itinerario che le processioni sono obbligate a fare. Tutte devono percorrere la medesima strada e solo la tradizione ci può spiegare il perché si debba passare attraverso strade veramente impraticabili come Via Garibaldi e Via Collegio. La cosa si spiega osservando che in tali strade vi erano i Monasteri delle Benedettine che, come si sa, sono di clausura, e l’uso voleva che la processione passasse dalle vie in cui si trovavano tali Monasteri affinché le suore, dalle grate dei loro Conventi, potessero assistere a queste manifestazioni prettamente religiose.

MERCOLEDI’ SANTO

E’ un giorno piuttosto vuoto e libero da impegni particolari di Processioni, e con ragione: al mattino viene effettuata l’esposizione del Santissimo nella Basilica di Santa Maria. Il pomeriggio è del tutto libero affinché i fedeli abbiano il tempo di accostarsi al Sacramento della Penitenza in preparazione del Precetto pasquale, che si suol fare il Giovedì Santo. Nei tempi passati era invece un giorno particolare, esplicitamente indicato negli Statuti delle Confraternite: era il giorno delle Confessioni e del Precetto pasquale dei Confrati, i contadini erano persino dispensati dal recarsi al lavoro e tutti nelle varie chiese si accostavano al Sacramento dell’Eucarestia.

  

   

GIOVEDI’ SANTO 

E’ il giorno in cui si ricorda l’istituzione della SS. Eucaristia che viene esposta solennemente all’adorazione dei fedeli; giorno dedicato alla visita dei sepolcri  “ I Sebulcri “. Circa quaranta giorni prima del Giovedì Santo, fedeli volenterosi provvedevano a deporre del grano in alcuni piatti con un fondo di acqua, deponendoli successivamente in un luogo buio ed aggiungendo di tanto in tanto altra acqua. Dopo tale periodo il frumento dà vita a pallidi e compatti germogli della lunghezza di 20/30 centimetri, tolti dal buio venivano portati in chiesa ad adornare “ u sebulcru “. Volendo dare un significato all’uso dei cereali che fanno da ornamento intorno a Gesù non è difficile: come il grano germoglia al buio e cresce, così Gesù risorge dalle tenebre della morte. Tale usanza era anche espressione di un rito propiziatorio legato alla civiltà contadina: mettere i germogli di grano accanto  al “ sebulcru “ era un modo per propiziare un abbondante raccolto. Oggi il clero sottolinea con forza che non si tratta di adorazione del Cristo morto ma di adorazione dell’Eucaristia. La mattina era occupata dalla celebrazione di una messa solenne nella chiesa di Santa Maria, a cui prendevano parte tutte le autorità della città e tutte le Confraternite. Il pomeriggio era caratterizzata dalla processione del “ Cristu ‘ndo catalettu “,  prerogativa  dell’Arciconfraternita delle Anime del Purgatorio di S. Nicola che, per secoli e fino al 1965, si è svolta in tale giorno. La processione visitava i “ sebulcri “ di sette chiese per consentire ai fedeli di acquistare l’indulgenza plenaria. Tale manifestazione  aveva però in sé una grave anomalia: il giovedì Santo è il trionfo dell’Eucaristia non il trionfo del Cristo morto, per ovviare a ciò infatti era nell’uso non far comparire nella bara nulla degli elementi tradizionali del lutto, il Cristo era coperto di veli bianchi e adorno di fiori bianchi; nessun elemento quindi ci richiama al senso di morte: lini e merletti coprono il corpo del Salvatore e le sue piaghe sono coperte di gioielli di grande valore. La precessione partiva, cosa singolare, non dalla chiesa ma dalla casa del Governatore della Confraternita dove era stata portata privatamente e dove veniva ornata con cura più che religiosa. Una gran folla di popolo accompagnava la processione per la visita dei sepolcri delle tre parrocchie e delle chiese che sono sul cammino tradizionale. Le incomprensioni tra l’Arciconfraternita e le autorità religiose del paese si conclusero nel 1966 con la soppressione della processione dal calendario delle manifestazioni tradizionali della Settimana Santa. La tradizionale e bella processione è fortunatamente stata ripresa nel 1985, ma spostata nella giornata di sabato mattina.

 

 

VENERDI’ SANTO

E’ il giorno più importante della Settimana Santa, giorno in cui si svolgono due processioni. Quella del mattino è organizzata dall’Arciconfraternita del SS. Crocifisso di S. Martino, che da alcuni decenni effettua un percorso leggermente diverso da quello tradizionale. Un tempo, infatti, tale processione visitava i “ Sepolcri “ di sette chiese, così come faceva la processione del “ Cristo ‘ndo cataletto “ di cui si è precedentemente detto. Dal 1966 invece le soste che essa effettua sono quattordici, tante quante le stazioni della Via Crucis. Il Cristo in croce, coperto da un velo nero, viene portato da uno dei confrati che, oltre al tradizionale sacco bianco, indossa i simboli della Passione, come la corona di spine e la corda al collo. Un baldacchino violaceo, portato da quattro fedeli, copre il Cristo che viene preceduto dai figuranti. Le Amministrazioni delle  Confraternite che non partecipano alla processione si fanno però trovare dinanzi all’ingresso delle loro chiese con il palio in segno di omaggio; passata la processione se ne ritirano. La sera si svolge quella che si considera la più importante processione della Settimana Santa: la serata è organizzata dalla Confraternita dell’Addolorata di S. Pietro, perché proprio in questa chiesa sono custoditi il  grande Crocifisso ligneo del XV sec. e la statua della Madonna Addolorata. E’ una Bellissima e commovente processione cui partecipano tutte le Confraternite della città, le due società cattoliche: quella di S. Giovanni Battista e quella del Crocifisso, nonché un numero enorme di figuranti, mentre sono sempre più rari i devoti che seguono a piedi scalzi le due “ Vare “. Il Crocifisso, illuminato  a “ lumeri “, cioè con candele rinchiusi dentro globi di vetro, sullo sfondo di una grande raggiera dorata, parte accompagnato dalla “ vara “ dell’Addolorata dalla chiesa di S. Pietro, scende giù per la ripida discesa di San Bartolo, percorre il corso principale, in mezzo ad una fiumana di popolo silenzioso. Questo silenzio è interrotto solamente dalle meste musiche della banda musicale, dallo sparo di mortaretti e dai continui osanna dei portatori delle pesanti “ vare “. Vestiti, per fede o per voto, con una tunica bianca, i portatori del Crocifisso incitano alla preghiera al tradizionale grido di “ Sa laratu lu Santissimu Crucifissu ! ….. Laratu sempre sia “ . Gli fanno eco i portatori della vara dell’Addolorata: “ E chiamammura cu na vuci fiera e viva! “ e gli altri rispondono “  Evviva a  Ddulurata “. Il solista riprende subito a dire: “ A dispiettu ri l’infernu! “, e gli altri “ Viva Maria sempri in eternu “ . E così in continuazione, per tutta la durata della processione, fino a rimanere senza voce.

La processione, procedendo lentamente, intorno alle 23 giunge in Piazza S. Giorgio, una volta animata dalla presenza del più importante e ricco Monastero di suore Benedettine. Qui c’è l’atteso incontro tra la madre Addolorata ed il figlio Crocifisso che, tra la commozione dei fedeli , per un attimo, incrociano lo sguardo. In tale piazza si fa una lunga sosta per dare un po’ di riposo e far prendere respiro ai portatori. Diverse famiglie del rione offrono pane condito, vino e dolci ai portatori e agli amministratori e rettori delle confraternite. Un altro momento suggestivo e significativo della serata si verifica al ritorno della processione, quando si affronta “ a chianata ri San Barturu “ dove, fino al 1866, vi era un altro Monastero di Benedettine di clausura, appunto quello di San Bartolomeo. Qui la processione è costretta a fare una ripida e lunga salita che mette a dura prova le forze residue dei portatori delle due vare, specie di quella del grande “ Crocifisso “. Per impedire eventuali incidenti e per aiutare a mantenere il baricentro del Crocifisso, due robuste e lunghe funi, tirate da volontari e collegate al centro della Croce, aiutano i portatori nella salita. Giunti nella piazza del colle di S. Pietro i portatori dell’Addolorata e del Crocifisso, prima della benedizione finale, con un’ultimo immane sforzo, sollevano sulle loro braccia le due vare rivolte verso la città, affinchè  la Madonna e il suo Figlio benedicano Randazzo e i suoi abitanti.

SABATO SANTO 

L’entrata in vigore della Riforma Liturgica sui riti della Settimana Santa, dopo il Concilio, aveva determinato la soppressione della processione del “ Cristu ‘ndo catalettu “. Infatti l’allora Vescovo di Acireale Mons. P. Bacile con Decreto in data 18 marzo 1966 vietava, al Clero ed alle Confraternite di Randazzo, lo svolgimento di qualsiasi processione nella giornata del Giovedì Santo. Scompariva così, dopo oltre tre secoli, la tradizionale processione curata dall’Arciconfraternita delle SS. Anime del Purgatorio di S. Nicola. Veniva consentita solamente l’esposizione del Cristo all’interno della chiesa dalla sera del Venerdì alle ore 12 del Sabato Santo. Fortunatamente dal 1985 la Curia Vescovile ha di nuovo autorizzato lo svolgimento della  bellissima processione, spostandola però al Sabato mattina.

Il Cristo di San Nicola

L’Arciconfraternita è gelosa custode del bellissimo Cristo in cartapesta snodabile e di un preziosissimo tappeto di seta damascata, intarsiato di rose ricamate a mano con fili d'o’oro e d’argento, che qualcuna data addirittura al 1300. Su questo tappeto viene adagiato il Cristo e posto poi “ ‘ndo catalettu “, leggera portantina ricoperta da una bombata rete di rose di seta. La processione parte dalla chiesa di S. Nicola, ma fino al 1931 aveva inizio dalla casa del Governatore dell’Arciconfraternita, la modifica dello statuto ( art. 8 ), avvenuta in quell’anno, proibì tale usanza . La processione percorre quasi lo stesso tragitto di quella del Venerdì Santo mattina.

 

  

Il pomeriggio un tempo veniva  interamente occupato  per la preparazione dei dolci, che sempre più raramente oggi avviene in casa. Solamente i fornai continuano la tradizione con la preparazione, a richiesta, della “ cullura “. Un dolce tipico randazzese a base di farina, uova e zucchero, per lo più a forma ovale con un buco nella parte alta e uno o più uova sode con buccia inseriti nella parte bassa, abbellita da una manciata di “ iavuritti “ ( finissime scaglie di cioccolata e caramello multicolori ). Come non vedere in queste sacre manifestazioni della più pura fede del popolo, l’espressione e l’impronta di vecchie feste medievali. Fede e folclore che si ricollegano ai tempi lontani, quando il mistero della Passione occupava il primo posto nella vita religiosa dei siciliani; del resto, come afferma Don Virzì, le feste del nostro popolo sono state sempre improntate ad un alto lirismo che purtroppo, in gran parte, la civiltà moderna ha fatto tramontare definitivamente.