Le Confraternite
Le Confraternite in Randazzo
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- Categoria: Le Confraternite
- Pubblicato: Venerdì, 30 Agosto 2019 21:16
- Scritto da Salvatore Rizzeri
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LE CONFRATERNITE IN RANDAZZO
di
Salvatore Rizzeri
Addentrarci nella storia delle Confraternite non è cosa agevole. Ma oltre ad essere un capitolo della storia di Randazzo esso ci permette di scoprire usi e costumi che sono ormai del tutto tramontati o, se ci rimangono ancora delle tracce non potrebbero spiegarsi se non dietro la conoscenza di queste confraternite che ora sono poche ma che un tempo furono moltissime se si pensa allo straordinario numero di chiesette e oratori che esistevano in Randazzo, una volta sedi delle singole confraternite. Il Plumari conta ben 99 chiese esistenti in Randazzo e nelle campagne circostanti e ne dà il nome,[1] nel mio volume “ Le Cento Chiese di Randazzo “[2] ne elenco ben 118, descrivendo di ognuna la caratteristiche, il sito, l’epoca della costruzione, i motivi e le cause della loro scomparsa o trasformazione.
Un itinerario interessantissimo della storia sacra della nostra città. Certo è un numero rispettabile, ma se anche molte di esse furono certamente oratori privati di famiglia, tuttavia bisogna dire che non si potrebbe spiegare un tale fatto se non si pensasse alle Confraternite che in Randazzo, vecchia città regia, centro di comando militare e civile, centro distrettuale per l’amministrazione della giustizia, fin dai più antichi tempi, immancabilmente sorsero.
Purtroppo anche gli archivi delle Confraternite sono andati perduti irreparabilmente. Che sfacelo fu in occasione dell’ultima guerra. “ Entrai – dice Don Virzì – personalmente a visitare qualche locale, sede della Confraternita di San Martino, e si camminava letteralmente su un’alto strato di carte sbrindellate che non erano altro che gli atti dell’archivio della Confraternita del SS. Crocifisso. Cosa se ne fece alla fine della guerra? Si raccolsero con le pale e si portarono a bruciare. C’era ben altro a cui pensare in quei terribili momenti . . . che alle vecchie carte! E quello che è capitato al sopraddetto archivio è avvenuto anche per gli archivi delle altre chiese, del Municipio, (Ex Convento dei Frati Minori Conventuali), delle famiglie private.”
“ Mi fu testimoniato – è sempre Don Virzì che ci racconta - per esempio che l’archivio della nobile famiglia Fisauli-Piccione servì a fare parecchie volte il forno a gente del vicinato.” Così è quanto mai difficile penetrare le origini storiche delle Confraternite. E come ricordo pieno di suggestivo rimpianto non ci restano che le chiese risparmiate dall’immane flagello della guerra che, nella loro architettura trecentesca, ci ricordano la vita intensa delle comunità cristiane della città che ormai non sono altro che un semplice ricordo: la restaurata chiesa di San Vito, quella degli Agathoi, di Santa Maria della Volta, di Santa Maria dell’Agonia, dello Spirito Santo, di Santa Maria dell’Itria ecc. ecc. Tutte avevano la loro Confraternita, ma ormai tutto o quasi è scomparso.
Le Chiese delle vecchie Confraternite, anche se manomesse, come quella di San Pietro ( ex Maria SS. degli Agonizzanti ), che porta la data del 1642 sul pinnacolo e quella dell’Annunziata ( ex San Silvestro ), con la data del 1584, conservano lo schema intatto delle costruzioni Svevo-Aragonesi. A tale tempo, secondo me, deve farsi risalire l’origine delle confraternite randazzesi, tempo del resto che coincide con la loro origine nelle altre regioni d’Italia[3] e che ci ricorda il vasto movimento dei Flagellanti e la rivoluzione Francescana che pervase tutta la penisola.
Nella sua tesi di laurea in diritto canonico dal tema “ Le Confraternite di Randazzo nella storia e nel diritto ecclesiastico “ discussa all’Università di Bologna nel 1937, relatore il Prof. Cesare Magni, il defunto Dott. Francesco Fisauli, citando degli atti notarili conservati presso l’Archivio Comunale di Randazzo, purtroppo andato distrutto dai bombardamenti aerei dell’estate del 1943, attesta che già dal XIV secolo a Randazzo le Corporazioni ( Artes o Scholae ) di arti e mestieri avevano fatto costruire a loro spese piccole Chiese sia nelle zone periferiche entro le mura della città, sia fuori le mura della città.
Queste Chiese non dipendevano dal Clero. Le funzioni religiose erano celebrate da un cappellano stipendiato dalle Corporazioni e quindi non dipendevano dall’Arcivescovado di Messina cui Randazzo apparteneva. I soci vi si riunivano per pregare e discutere liberamente dei loro problemi.
Ricercare poi le influenze straniere esercitate in Randazzo dai Genovesi, dai Pisani, che tanta influenza ebbero in Sicilia dove lasciarono profonde tracce del loro passaggio, come per esempio le famose “ Casacce “ del centro dell’Isola, di sicura derivazione genovese, è del tutto impossibile. Ma dobbiamo per forza arguire la loro profonda influenza anche in Randazzo, perché queste associazioni vanno di pari passo con quella ventata di libertà che investì i comuni italiani, per cui le plebi sentirono in sé una considerevole forza associativa che per prima si concretizzò in questi sodalizi religiosi ( Sec. X ).
E quali comuni furono più liberi delle Repubbliche marinare di Genova e di Pisa? E proprio qui dai sodalizi religiosi si passò, in un secondo tempo, a quelli laicali ( Sec. XII ) e poi da questi alle associazioni corporative delle “ Artes “ e delle “ Scholae “ di cui abbiamo detto.
Lo scopo che si proponevano le Confraternite era la pratica attività della vita cristiana e l’aiuto vicendevole nell’esercizio di essa. A questo scopo fabbricavano, a loro spese, gli oratori, lontani dal centro; ivi si radunavano, compivano le loro pratiche di pietà, assistiti da un cappellano regolarmente retribuito; celebravano i funerali, pensavano ai suffragi dei confratelli defunti, curavano l’assistenza degli infermi e bisognosi, i soccorsi ai poveri anche estranei alla Confraternita, le dotazioni alle donzelle.
Il vecchio Codice di Diritto Canonico al Canone 685 attestava che le Confraternite hanno la seguente finalità “... vel ad perfectiorem vitam christianam inter socios promovendam, vel ad aliqua pietatis aut charitatis opera exercenda, vel denique ad incrementum publici cultus”. (… o a promuovere tra i soci una più perfetta vita cristiana, o a esercitare opere di pietà o di carità, o a incrementare infine la pubblica devozione ).
Da questo programma si desume che oltre allo scopo religioso le Confraternite avevano anche quello caritativo che culminava nell’erezione di un Ospedale per infermi, nell’assistenza dei poveri e nei soccorsi ai pellegrini.[4] Da questo secondo scopo, eminentemente caritativo, derivano poi gli Ordini Ospedalieri che si erano diffusi in tutte le principali città dell’Isola e perciò anche in Randazzo.
L’appartenenza ad una Confraternita ai nostri giorni ha finalità fondamentalmente diverse rispetto al passato: non esistendo allora alcun servizio assistenziale pubblico, il confrate si assicurava così un’assistenza al momento del bisogno, soprattutto in punto di morte, nonché un posto dove essere seppellito; data poi l’importanza che la religione rivestiva sia nella vita pubblica che in quella privata, il confrate aveva il privilegio di acquistare delle indulgenze parziali o plenarie in determinate circostanze.
Dai documenti studiati dal compianto Comm. Gualtiero Fisauli,[5] dal cui manoscritto si ricavano la maggior parte delle notizie qui riportate, risulta che fin dal 1505 in Randazzo erano in pieno vigore le confraternite della SS. Annunziata, di Santa Maria della Misericordia, di Santa Barbara, dello Spirito Santo, di Santa Maria dell’Iria od Odigitria, di Santa Margherita, di San Giovanni Evangelista, di Tutti Santi, di Sant’Anna e della SS. Trinità.
Delle precedenti sappiamo ben poco, ma nei secoli successivi ne sorsero altre che si aggiunsero a queste formando un numero veramente imponente e che spiega la profonda fede della cittadina. Nel Sec. XVI sorsero le Confraternite di Santa Maria di Loreto, Santa Maria della Carità e di San Sebastiano. Nel Sec. XVII quella dell’Ecce Homo o Signore della Pietà e successivamente le Congregazioni ( denominazione che appare dal Sec. XVII in poi ) del SS. Crocifisso ( Chiesa di San Martino ) e della Madonna del Rosario ( Chiesa di San Domenico ).
Relativamente alla edificazione del luogo in cui ebbe successivamente sede quest’ultima congregazione disponiamo di qualche dato certo: Il 4 di Aprile del 1519 – Ind. VII^, per ordine dei Giurati di Randazzo, fu tenuta un’adunanza nella chiesa di San Nicolò per discutere sulla opportunità di richiedere al Padre provinciale dell’Ordine dei Predicatori l’apertura nella nostra città di un convento dedicato alla istitutrice del SS. Rosario di Maria, così come desiderava il popolo Randazzese. La proposta fu accolta a larga maggioranza, tant’è che venne immediatamente inoltrata formale richiesta al Padre provinciale dei Domenicani. Pochi giorni dopo, avutane risposta favorevole, i Giurati procedettero ad un altro Civico Parlamento per stabilire il luogo ove fondare tale Convento.
Con atto del 20 Aprile del 1519 – Ind. VII^, in Notar Vincenzo De Luna, i Giurati della città assegnarono, per locale da destinare a detto Convento, il fabbricato denominato della “ Torrazza “, e le due chiesette ad esso attigue: quella di S. Maria delle Grazie e l’altra di San Barnaba Apostolo, le cui chiavi vennero consegnate al Reverendo Padre Vincenzo da Catania, qui inviato dal Padre provinciale in veste di Commissario. A detta assegnazione intervennero, inoltre, i nobili Don Antonino e Raimondo Floritta, padre e figlio, ed il Sac. Don Giovanni Paolo Floritta, in qualità di proprietari della “Torrazza“ da loro precedentemente acquistata dalla illustre famiglia Russo di origine Lombarda. Grazie alle abbondanti sovvenzioni elargite dai cittadini il convento fu presto edificato e la Chiesa venne costruita in modo che la Torrazza fungesse da cappellone centrale ed occupasse i vani delle due chiesette.
Nei primi anni della sua vita il convento fu onorato dalla presenza del randazzese Beato Domenico Spatafora, dei Baroni di Maletto. Grande fu l’importanza e il peso che i domenicani ebbero nel corso dei secoli successivi nel contesto sociale ed ecclesiastico della città; ma anche questo Convento, così come tutti gli altri presenti a Randazzo[6] a seguito delle Leggi eversive contro le congregazioni religiose ( n. 3036 del 7 Luglio 1866 e n. 3848 del 15 agosto 1867 ) venne soppresso e passò al Regio Demanio, da cui fu ceduto all’Opera De Quatris . . . . “[7]
Mi sono limitato a citare le più importanti e che fino a qualche decennio fa avevano riscontro in documenti esistenti nelle varie parrocchie. Il nome “Confraternita” - dal latino “cum-frater” - risale al XVI secolo. Prima di questa data, afferma il Fisauli, le Confraternite erano dette “Case”. Questa definizione si trova in tutti i testamenti del 1500 nei quali il testatore indicava la “casa” o Confraternita che doveva essere chiamata a recitare le preghiere ai suoi funerali. Il nome casa deriva dal piccolo oratorio che ogni Chiesa possedeva, un’oratorio modestissimo che fino al Sec. XVI si chiamava “Domus disciplinantium“ (casa degli educanti), perché in tali oratori, con derivazione diretta dalle pratiche dei flagellanti o battuti, si esercitava la flagellazione individuale alla fine delle pratiche di pietà, in espiazione dei peccati e ad imitazione della flagellazione del Signore.
Il Fisauli elenca quindici “Case” o Confraternite ed espressamente afferma che ve ne erano anche altre. Questi oratori, verso la fine di detto secolo, furono in gran parte ampliati perché servivano anche come luogo di sepoltura per i confrati e le loro famiglie. Inoltre furono corredati di altri fabbricati collaterali spesso funzionanti, come abbiamo detto, da ospedali per infermi e da ostello per i pellegrini. Sopperivano a queste spese non indifferenti il patrimonio di cui era dotata ogni confraternita, venuto ad essa da donazioni, eredità, legati, che specialmente i confrati più abbienti, o altre persone devote e simpatizzanti, lasciavano ed era tanto più vistoso quanto più antiche erano le confraternite. Esso era formato da case, orti, terreni, alberati di gelsi, rendite varie lasciate per testamento, percentuali sui contratti.[8]
E perciò abbiamo esempi di Confraternite che potevano permettersi spese non indifferenti, come quella della Misericordia che innalzò una chiesa di cui restano ancora le poderose mura, che non teme di acquistare una statua in marmo di scuola Gaginesca e un quadro di autore su tavola. La confraternita dello Spirito Santo si poteva permettere di possedere uno dei quadri più belli della città, quello della Pentecoste che ora si trova nella Basilica di Santa Maria e quella di San Giuseppe una bellissima Pala di altare del quattrocento raffigurante S. Giacomo.
Vistosi erano anche i patrimoni della SS. Annunziata e della SS. Trinità, che era la Confraternita dei nobili. Come si è detto sopra, accanto all’oratorio spesso vi era l’Ospedale e il più importante di Randazzo era l’Ospedale di S. Maria della Carità, che ospitava i poveri infermi, i pellegrini e, in ricorrenze particolari, elargiva elemosine e soccorsi speciali.[9]
Per Statuto gli introiti dovevano essere spesi in beneficenza e in “ legati ” o obblighi di spesa, indicati dal benefattore che lasciava i propri averi alle Confraternite.
Nella sua tesi di laurea il Dott. Fisauli afferma che le Confraternite più ricche si obbligavano a:
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Distribuire onze 18 annuali ai più poveri ( 9 onze a Pasqua e 9 a Natale )[10];
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Fornire un vestito di lana – una tantum – ai poveri bisognosi;
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Dare vitto ai bisognosi nelle giornate di Natale, Carnevale e Pasqua,
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Elargire 10 onze all’anno ai poveri carcerati.
Il Fisauli cita anche alcuni atti del Notaio Antonio Currenti del 13 novembre 1569 e del 23 maggio 1600. Il quello del 1569 le Confraternite di S. Pietro, S. Barbara, della Misericordia e di S. Sebastiano avevano come assunto speciale di dotare, ciascuna per conto proprio e per 4 anni consecutivi, un’orfana “vergine, povera e figlia di confrate” con dieci onze all’anno di dote per il matrimonio. In quello del 1600 la Confraternita della SS. Trinità era obbligata da un vecchio statuto a preferire la “ Magis formosa et periculosa “.[11] In questo stesso atto vi è espressamente indicato che qualsiasi intromissione dell’Arcivescovo di Messina nella designazione dell’orfana, rendeva nulla la scelta.
Degne di special menzione sono le Confraternite che ancora esistono e qualcuna di quelle estinte che ha lasciato traccia della sua esistenza nella storia della città per le sue vicende fortunose nelle rivendicazioni più o meno giuste contro il clero gerarchico o locale. Intendo parlare delle confraternite della Misericordia, ormai estinta, e di quella dell’Annunziata, ancora esistente, E’ difficile sceverare il groviglio delle notizie contrastanti ricavate da pochi documenti ancora esistenti che non sono corroborati da atti più antichi e più precisi specialmente per la confraternita di Maria SS. della Misericordia, che nel grave urto che ebbe con il clero della chiesa di San Martino ci lasciò le penne. Insensibilmente si estinse lasciando incompiuta la chiesa che aveva iniziato a costruire e il patrimonio fu assorbito dalla chiesa di San Martino.[12]
La Confraternita della SS. Annunziata, ha sede nella Chiesa omonima, ma pare che non sia stato sempre così. Dai documenti d’archivio appare che la detta Chiesa, anticamente, fosse dedicata a San Silvestro Papa di cui ancora si può vedere il simulacro e l’altare sul lato di destra della navata. In essa aveva sede una Confraternita detta della “ Xiabica“, termine che porta alla supposizione che in Randazzo vi fosse una qualche colonia delle città marinaresche (pisani e genovesi) che conservano, fuori patria, la loro entità etnica anche nelle associazioni religiose.
E’ chiaro che detta Confraternita, che conserva traccia della sua origine solo nel nome, che è un termine prettamente marinaresco ( Xiabica è una particolare rete per pescare ), aveva come scopo non solo la custodia della fede, ma anche l’assistenza speciale ai pellegrini e passeggeri appartenenti al loro gruppo etnico. Secondo Don Virzì venne fondata dai padri Gesuiti nell’anno 1686, ma se consideriamo il fatto che nella città, tra il XV ed il XVI secolo, erano certamente presenti colonie di marinai Pisani e Genovesi, le sue origini sarebbero ancora più antiche.[13]
La presenza in Sicilia di colonie di queste due importanti città marinare è ampiamente documentata. A questo proposito citiamo alcuni documenti d’archivio dai quali è facile dedurne caratteristiche e rilevanza. Il 23 marzo 1480 il Vicerè di Sicilia Gaspare de Spes autorizzava i mercanti Genovesi di Palermo a riunirsi in Confraternite presso una cappella del chiostro della Chiesa di San Francesco nel quartiere della Kalsa, che a loro veniva concessa. Da molto tempo gli attivissimi uomini d’affari della Repubblica erano profondamente inseriti nella vita economica siciliana, raggiungendo posizioni di assoluto privilegio rispetto anche alle altre comunità di commercianti come Pisani, Lucchesi e Catalani.
( Genovesi e Pisani esercitavano fra l’altro anche l’attività di banchieri e i pisani vennero soppiantati dai genovesi nel monopolio bancario grazie alla rilevanza commerciale che questi avevano acquistato nel panorama economico siciliano ). Del resto tra la fine del ‘200 e l’inizio del ‘300 era già stato loro consesso il privilegio a poter costituire delle Confraternite nell’ambito della loro comunità.
Il 9 luglio del 1576 nel quartiere della Loggia, a ridosso del molo nuovo, acquisiscono la proprietà della Chiesa di San Giorgio e dei terreni adiacenti appartenenti alla Confraternita palermitana di San Luca, non avendo quest’ultima le disponibilità necessarie per il restauro della Chiesa ormai fatiscente.
La dinamicità commerciale ed imprenditoriale di Randazzo in quei secoli ( città demaniale per volere di Federico III d’Aragona, residenza estiva della corte del Regno per oltre due secoli, secondo centro per importanza del Val Demone dopo Messina, sede di Capitano giustiziere e di una tra le più numerose e ricche comunità ebraiche della Sicilia ) giustifica ampiamente la presenza a Randazzo di importanti colonie di Pisani e Genovesi. La città aveva un fiorente mercato della seta (famoso in tutta Europa il “panno di Randazzo”) del frumento e del legname (quest’ultimo necessario alle due Repubbliche marinare per la costruzione dei loro vascelli). Ce ne da questa descrizione il geografo arabo al servizio di Re Ruggero, Muhammad al-Idris, che nel 1154 pubblica il suo eccezionale lavoro meglio noto come “ Il Libro di Ruggero: كتاب رجاري
La Confraternita di Maria SS. dell’Annunziata probabilmente ebbe la concessione di una cappella nella Chiesa di San Silvestro. Estintasi la Confraternita della Xiabica, insensibilmente prese il sopravvento nella chiesa la nuova Confraternita fino a quando i diritti acquistati la portarono a dovere sostenere lotte non indifferenti con le autorità ecclesiastiche del tempo.[14]
Personalmente ritengo che la cappella posta sul lato destro della navata, con il suo meraviglioso “Altare in legno intarsiato”, sia opera voluta e finanziata da quella ricchissima e antica Confraternita ( Xiabica )[15].
Cappella dell’Annunciazione – L’altare in legno intarsiato
Nel Sec. XVII il risveglio della vita cristiana operata dalla controriforma, dopo il Concilio Tridentino, portò ad una revisione degli statuti delle diverse Confraternite, curata specialmente dai Gesuiti che in Randazzo venivano in occasione di predicazioni speciali. La Confraternita della SS. Annunziata accettò nel 1686 i nuovi capitoli proposti da Padre FRANCESCO SCALIA S. J. che furono approvati dall’Arcivescovo di Messina il 12 Novembre 1686 e che sono quelli su cui ancora si regge la esistente Confraternita.[16]
Ad un padre della stessa compagnia si deve la fondazione delle Confraternite dipendenti dalla chiesa di Santa Maria: la Confraternita del SS. Sacramento e quella segreta della Santissima Mortificazionee Penitenza. La prima fu fondata nell’Aprile del 1698 ed aveva come scopo di accompagnare il Santissimo con la maggiore solennità, quando veniva portato agli infermi. E’ una vera curiosità il poter leggere i regolamenti di questa Confraternita, ancora esistenti nella stesura originale nell’archivio parrocchiale.[17] La fede, l’amore al SS. Sacramento, il sentimento di pietà, di carità, di abnegazione, l’umiltà che traspaiono dai semplici articoli che li compongono, suscitano ancora in noi un senso di vera commozione. Disposizioni regolamentari, minuziosissime, imponevano ai vari soci, appartenenti a tutti i ceti e a tutte le categorie, quegli obblighi cui con tanto entusiasmo si erano astretti nell’atto dell’accettazione anche perché ricompensate da una colluvie di indulgenze concesse dai vari Papi ed Arcivescovi.
Essa ebbe la vita di oltre un secolo e mezzo, ma con sicurezza, non ho potuto accertare né la data, né le cause della sua scomparsa dalla parrocchia di Santa Maria, mentre ancora continuano ad esistere nelle altre due parrocchie. L’altra confraternita, come abbiamo detto sopra, fu quella della SS. Mortificazione e Penitenza, fondata il 25 Marzo 1680, aveva sede nella Cripta della Chiesa di Santa Maria.[18] Singolarissima era l’azione esercitata da questa Confraternita sulla vita dei soci, sia perché segreta, sia perché, essa, che aveva per emblema il Santissimo Crocifisso con tutte le sue sofferenze, compenetrava con il suo spirito di austerità non solo gli animi e la vita spirituale di ognuno, ma soprattutto la loro vita pratica rispetto alla famiglia e al prossimo.
I soci erano obbligati a mantenere il segreto su tutto ciò che avveniva dentro la Confraternita; chi avesse mancato a questo dovere, chi si fosse mostrato ribelle alle decisioni dei superiori, chi fosse stato ciarliero e poco serio, veniva sospeso, castigato, espulso. In mancanza dei regolamenti, che più non si trovano nell’archivio della chiesa, per avere un concetto esatto e corrispondente alla verità, credo sufficiente servirmi delle varie lettere che il fondatore della Confraternita, il Gesuita Padre PIETRO RIZZA, manda da Palermo ai confrati di Randazzo nel 1684, per esprimere il suo plauso, per mandare direttive, per ribadire i punti essenziali della regola.
Fine primario della Confraternita era l’esercizio della vita perfettamente cristiana per raggiungere la perfezione e conseguire la salvezza dell’anima. Il mezzo sono le riunioni e le correzioni vicendevoli.
“ . . . . A ciò li confrati con l’animo queto possano ricevere li avvisi e documenti di ben vivere con Dio e meglio morire.“[19]
Fine secondario e pratico era: “ . . . a ciò nelli liti civili che corrono di necessità a chi sta nel mondo si possono scansare spese e rancori, è meglio tagliare nelli interessi e perdere con axcordarsi alla buona che spendere a dottori e tribunali.“[20] I trasgressori di questo secondo fine erano inesorabilmente sospesi e dimessi, “ …… quando però alcun fratello litigante si scuopre che imprende la sua lite, benchè giusta, per punti di modo, o ver quando uscisse fuori di ragione e perseverasse nel suo intento e pretenzione, per questi due casi mantenesse la lite o si lasciasse piegare, all’hora quel tale fratello non si cacci via dalla congregazione ma prohibiscasi l’intrare e star fuori come perseverante, e li superiori siano vigilanti perché nel caso che passasse a grave rumore, strepiti sciarre con admirazione e qualche mormoratione publica, all’hora si potrebbe licenziare e cassare dal numero dei congregati; sempre si facci con le dovute consulte.“ [21]
Possiamo ancora consultare il registro dei congregati e vedere come il rigore che appare dai sopracitati brani, fosse realmente in atto in tutta la sua severità. Frequenti infatti sono le ammonizioni e più frequenti le annotazioni “espulso, sospeso“ vicino al nome del congregato indesiderato, indisciplinato, ribelle o inosservante specialmente del segreto.[22]
Tale rigore fu un bene per la confraternita? O forse maneggiato da elementi direttivi non serenamente equilibrati si è rovinato ogni frutto di bene e si è minata addirittura la sua esistenza? Sono domande a cui non possiamo rispondere per mancanza di documenti. Il registro che Don Virzì ha avuto fra le mani fa proprio sospettare che la sua vita sia stata effimera, dato che trova come ultima data in cui furono accettati confrati l’anno 1701.
Una speciale menzione meritano le due Arciconfraternite ancora esistenti che hanno sede, l’una, l’Arciconfraternita del SS. Crocifisso, in San Martino e l’altra, l’Arciconfraternita delle SS. Anime del Purgatorio, nella chiesa di San Nicola. Purtroppo la totale dispersione degli archivi dell’una e dell’altra, in seguito agli avvenimenti bellici, ci fa restare al buio su tutte le loro vicende che ebbero momenti drammatici e di alto valore mistico nei vari tempi della loro esistenza. Anch’esse risalgono per la loro fondazione al Sec. XVII, periodo aureo delle Confraternite.
La fondazione di quella di San Nicola si deve all’Arciprete Don ETTORE PRESCIMONE che ne promulgò lo statuto nel 1632 e ne ottenne l’approvazione dall’Arcivescovo di Messina il 1° Luglio del medesimo anno.[23] Di poco posteriore deve essere quella di San Martino, di cui non possiamo affatto determinare la data di fondazione. Anzi qualcuno, senza prove serie, ma per semplice intuizione, azzarda l’ipotesi che essa sia una derivazione della confraternita di Maria SS. della Misericordia, estintasi proprio nel Sec. XVII in seguito agli urti con il clero, come abbiamo detto sopra. Però il fatto che questa confraternita ha il medesimo statuto di quella di San Nicola, ci fa sospettare che sia una derivazione di poco posteriore ad essa. Questa quasi contemporaneità dell’una e dell’altra, possiamo inoltre intuirla da uno di quei contrasti per la supremazia, sorti tra le due Arciconfraternite, che di tempo in tempo funestarono la loro vita religiosa e che fece stare sempre sul piede di guerra per rintuzzare ogni tentativo di manomettere i diritti acquisiti attraverso privilegi o consuetudini secolari.
L’Arciconfraternita di San Nicolò, fin da principio, ebbe il privilegio di visitare i Sepolcri il Giovedì Santo, portando in processione il Cristo morto nella bara “Cristu ‘ndo catalettu”. Costituitasi poco dopo l’Arciconfraternita di San Martino, dovette rassegnarsi a far visita ai Sepolcri il Venerdì Santo, portando in processione il Cristo Crocifisso. La cosa sembrò anacronistica e perciò si tentò di venire ad un accordo cambiando i giorni, si ricorse persino alla Santa Sede. Ma non solo l’Arciconfraternita di San Nicolò si oppose ma fece tali pressioni e controricorsi che la Santa Sede, per evitare il peggio, rispose “ NIHIL INNOVANDUM “.
Non abbiamo conoscenza del tempo in cui fu concesso da Roma il titolo di Arciconfraternita e purtroppo ignoriamo anche i privilegi di cui godettero lungo i secoli. Dal loro statuto traspare quel senso di vita cristiana di cui doveva essere esempio ogni confrate: carità spinta fino all’eroismo, pratiche di pietà dettagliate, suffragi per i morti associati sono gli scopi precipui di queste due Arciconfraternite che purtroppo risentono ormai anch’esse dell’affievolimento che ha subito la vita cristiana in questo nostro secolo. Il secolo XIX, col suo settarismo e materialismo, portò ad un affievolimento sensibile nello spirito religioso delle masse e a tale secolo si deve ascrivere il decadimento delle molte confraternite di Randazzo: si abbandonarono le pratiche di pietà, si trascurarono le riunioni, e perfino si abbandonarono le chiese e gli oratori che deperirono al punto che nel 1844 l’Arcivescovo di Messina Mons. Villadicani, constatato, durante la Sacra visita a Randazzo, lo stato miserevole in cui trovasi molte chiese delle Confraternite, creò una Deputazione Amministrativa che amministrasse in comune tutti i beni di dette chiese, affinché con le somme si restaurassero le più importanti di esse.
Così risultarono restaurate le chiese della SS. Annunziata ( 1858 ), di S. Anna, di S. Giuseppe, di S. Barbara, dell’Ecce Homo ( Signore della Pietà 1875 ). Le altre, per la sopravvenuta soppressione e conseguente incameramento dei beni ecclesiastici che colpì anche le Confraternite, rimasero nello stato in cui si trovarono al momento e in gran parte ora sono del tutto scomparse o sono ridotte in rovina. Così delle numerose Confraternite, che erano chiaro documento dello spirito religioso della città, ormai ne rimangono solamente quattro che vivacchiano e si tengono in piedi solo perché offrono vantaggi nei servizi funebri. Esse sono: L’Arciconfraternita delle Anime del Purgatorio, L’Arciconfraternita del SS. Crocifisso, La Confraternita della SS. Annunziata e la Confraternita dell’Addolorata. L’ultima a morire fu quella di San Giuseppe, la cui scomparsa ha la data recentissima del 1943, quando la loro chiesetta fu del tutto distrutta dai bombardamenti Anglo-Americani. Alle quattro confraternite di cui si è detto bisogna però aggiungerne una quinta: quella del Sacro Cuore. La storia della sua costituzione è recentissima, pertanto non mi è stato difficile reperire i documenti relativi alla sua nascita. Il 12 Novembre 1950 viene costituita in Randazzo, tra i devoti del Sacro Cuore di Gesù, una Pia Associazione con la denominazione di “ Società Cattolica del Sacro Cuore “, tale associazione ebbe però vita effimera infatti l’ultimo verbale inerente attività parrocchiali archiviato presso la Curia Vescovile di Acireale è datato 15 Luglio 1965. Dopo tale data non risulta nessuna operatività da parte della Società. Dopo ben 34 anni, in data 22 Febbraio 1999, presso i locali della Parrocchia del Sacro Cuore di Gesù, alla presenza del parroco Sac. Carmelo Torrisi, viene ricostituita la Pia Associazione e rieletto il consiglio amministrativo. Appena un mese dopo, il 18 Marzo 1999, il consiglio direttivo propone la riforma del vecchio statuto e la modifica della denominazione del sodalizio da Società Cattolica del Sacro Cuore di Gesù in “ Confraternita del Sacro Cuore di Gesù “. Il 23 Marzo tale deliberato viene approvato dall’assemblea dei soci e quindi inviato alla Curia Vescovile di Acireale che, con determina a firma del Vescovo Mons. Salvatore Gristina, in data 21 Giugno 1999, approva sia il nuovo Statuto che il cambiamento della denominazione. La confraternita ha sede nella chiesa del più grande e popoloso quartiere della città, quello di “ Crocitta – San Vito “ in Via Dei Gullotto n. 86. Fortemente voluta dai fedeli appartenenti alla parrocchia del Sacro Cuore di Gesù, ha certamente avuto nei componenti dell’attuale consiglio direttivo gli ispiratori e sostenitori attenti ed entusiasti.
Quanto sin qui detto riguarda unicamente l’associazionismo maschile, ma, diffuse un po’ dovunque in Sicilia erano anche le Associazioni di donne, pur nell’ambito della mentalità moralistica e protezionistica, di cui, in quei tempi, erano oggetto.[24] A Catania, nel 1438, l’antica chiesa di S. Michele, posta fuori le mura, distrutta nel 1555 a causa dei lavori di fortificazione della città, apparteneva alla confraternita di S. Anna “ de disciplina mulierum “, di cui non si conosce la data di estinzione. Altrettanto era avvenuto per la chiesa di S. M. Maggiore, fabbricata da una confraternita “ de disciplina mulierum “, all’inizio del secolo XV.[25]
Nell’ambito delle ricerche e degli studi da me effettuati negli ultimi anni, ho avuto modo di scoprire che anche a Randazzo, allora in diocesi di Messina, esisteva già nel 1591 una Congregazione femminile, la “ CONFRATERNITA DI S. JACOPO DI LI FIMMINI “ ( da distinguere dall’altra di S. Giacomo per uomini ).[26] Essa aveva sede in una chiesetta edificata tra il XIV ed il XV secolo ed appartenente al quartiere centrale della città ( Triocla ).[27] Detta chiesetta, intitolata a S. Giacomo, era ancora esistente fino alla metà del secolo XVIII e sorgeva non molto distante da quella di S. Gregorio; ridotta ad uno stato fatiscente per le poche opere di manutenzione venne successivamente sconsacrata, alienata ed adibita ad uso profano. Di essa non rimane più alcuna traccia, essendo stato quel quartiere completamente devastato dalle incursioni aeree del Luglio-Agosto 1943.[28]
Di questa confraternita non esiste più a Randazzo alcun documento d’archivio dal quale rilevare ulteriori notizie, oltre quelle già citate. Non conosciamo quindi ne l’anno di fondazione, ne quali furono le cause della sua scomparsa, né tantomeno abbiamo avuto modo di sapere se, oltre a questa, esistessero nella città altre congregazioni femminili.
Le ricerche di studiosi locali ( Fisauli - Virzì ), infatti, si limitano unicamente ad una elencazione molto incompleta di associazioni, senza determinarne la nascita o la scomparsa e ciò anche a causa della carenza di documentazione. Fra cinquecento e seicento, invero, ci fu un grosso rimescolio di associazioni, delle quali alcune ebbero poca durata, altre scomparvero del tutto, altre ancora si unificarono tra di loro, specie dopo la riforma operata nel 1619 a Palermo e Messina.
L’Arcidiocesi di Messina nell’anno 1648 contava, in città e sobborghi, ben 65 associazioni, salite a 70 nel 1658, a 85 nel 1679; il suo territorio diocesano, cui Randazzo apparteneva, ne contava ben 252 nell’anno 1648 e di queste un cospicuo numero avevano sede nella nostra città.[29]
Dò qui l’elenco completo delle confraternite presenti nella città nel corso dei secoli e di cui si ha notizia certa dai vari documenti d’archivio giunti fino ai nostri giorni:
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Confraternita di S. Maria della Carità,
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Confraternita di S. Maria della Volta,
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Confraternita di Maria SS. della Misericordia,
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Confraternita di S. Vito,
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Confraternita degli Agathoi o di Tutti Santi,
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Confraternita di S. Maria dell’Agonia,
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Confraternita dello Spirito Santo,
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Confraternita di S. Maria dell’Itria,
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Confraternita di S. Maria della Pace,
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Confraternita di S. Barbara,
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Confraternita di S. Margherita,
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Confraternita di S. Giovanni Evangelista,
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Confraternita di S. Anna,
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Confraternita della SS. Trinità,
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Confraternita di S. Maria di Loreto,
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Confraternita di S. Sebastiano,
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Confraternita dell’Ecce Homo o Signore della Pietà,
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Confraternita di S. Giuseppe,
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Confraternita della Xiabica,
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Confraternita del SS. Sacramento,
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Confraternita “ Segreta “ della SS. Mortificazione e Penitenza,
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Confraternita della SS. Annunziata,
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Confraternita di S. Pietro ( Addolorata ),
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Confraternita di S. Giacomo Apostolo,
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Confraternita di Maria SS. degli Ammalati ed Agonizzanti,
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Confraternita di S. Giacomo “ di li Fimmini “,
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Arciconfraternita del SS. Crocifisso,
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Arciconfraternita delle Anime del Purgatorio.
Il numero è veramente notevole, addirittura superiore a quelle presenti in città sedi di diocesi come Monreale ( 11 ), Cefalù ( 8 ), Mazara ( 14 ), Siracusa ( 9 ), Patti ( 9 ). Persino superiore a quello fin quì ritenuto il centro più attivo: Sciacca con 20 sodalizi fondati tra il 1346 e il 1650.[30]
Abbiamo precedentemente accennato al cambiamento, nei secoli passati, del nome della chiesa di San Silvestro in quello dell’Annunziata, non fu questo l’unico caso, molte altre piccole chiese subirono la stessa sorte e con esse anche il nome di molte Confraternite che in esse avevano sede.
Cerchiamo di scoprire ora quali ne furono i motivi.
Ci aiuta in questo lo studio e la ricerca che ne fece a suo tempo il Fisauli. Nella sua tesi l’autore afferma che le Confraternite dopo il Concilio di Trento, a partire dal 1600, vennero sottoposte a un controllo più vincolante da parte dell’autorità ecclesiastica. Furono infatti obbligate a fornire ai Vescovi un rendiconto dei beni che amministravano. La presentazione del rendiconto non era annuale, bensì per gruppi di anni o quando veniva eletto un nuovo Governatore.
Il rendiconto doveva essere obbligatoriamente compilato, discusso ed approvato alla presenza di un Notaio e dell’Arcivescovo di Messina, nella cui Arcidiocesi era compresa la città di Randazzo, o di un suo legale rappresentante. Lo stesso Arcivescovo si riservava il diritto di “visita” o ispezione alla Confraternita. A questo proposito il Fisauli cita l’atto del 3 gennaio 1625 del Notaio Giovanni Napolitano, conservato nell’Archivio Comunale di Randazzo, nel quale viene riportato il rendiconto della Confraternita di San Pietro; risultano presenti il Rettore della Confraternita e Don Carlo Romeo in rappresentanza dell’Arcivescovo di Messina.
La presenza dell’Arcivescovo, o per la visita o per il rendiconto, non solo pesava sulle finanze della Confraternita, ma ne orientava le spese e ne condizionava l’operato.
Questa maggiore intromissione del Clero nella vita delle Confraternite venne ostacolata dall’Autorità politica che emanò nuove disposizioni di legge in forza delle quali il diritto di rendiconto veniva tolto al Clero e veniva affidato a un Tribunale Civile. Solo in casi eccezionali si poteva fare ricorso a un Tribunale misto, Civile ed Ecclesiastico.
A questo proposito mi torna in mente un vecchio detto randazzese “a scerra è sempri pa cutra”, - le liti in famiglia nascono sempre per interesse pecuniario -.
Per contrastare le nuove disposizioni, a partire del 1604 in gran parte della Sicilia, e a Randazzo in particolare, il Clero attuò una progressiva “ristrutturazione” delle Confraternite e delle loro Chiese. In base alla documentazione raccolta dal Fisauli, il Clero nel giro di alcuni anni azzerò la presenza dei confrati laici nelle vecchie e ricche Confraternite e vi iscrisse i chierici. Contemporaneamente fondò nuove Confraternite con nomi nuovi nelle quali vennero iscritti i confrati laici.
Se i beni erano collegati alle vecchie Chiese, il Clero le trasformò prima in Chiese venerabili e subito dopo in Chiese filiali delle tre parrocchie: Santa Maria, San Nicola e San Martino. A queste stesse Chiese vennero dati nomi diversi e ad esse vennero abbinate le nuove Confraternite.
In tal modo dal punto di vista legale le vecchie Confraternite risultarono ecclesiastiche e non più laiche; le vecchie Chiese risultarono filiali delle Parrocchie e non più laiche e indipendenti. E poiché le nuove disposizioni di legge non si applicavano alle Confraternite ecclesiastiche e alle Chiese filiali delle Parrocchie, il Clero raggiunse lo scopo di estromettere il potere politico dal controllo dei beni delle Confraternite e delle Chiese ad esse collegate.
Ecco perché molte Chiese, compresa quella dell’Annunziata, cambiarono il nome e molte Confraternite o scomparvero o anch’esse cambiarono nome.
La Confraternita di Maria SS. Degli Agonizzanti scompare nel 1800, anno in cui l’omonima Chiesa cambia anch’essa il nome in quello di San Pietro e da laica divenne Chiesa filiale della parrocchia di San Martino. La precedente Confraternita viene però rifondata il data 20 luglio 1834 col nome di Confraternita dell’Addolorata, così come recita un documento d’archivio, e riconosciuta con Decreto di Ferdinando II di Borbone, Re delle due Sicilie, datato 13 febbraio 1836.
Rimasero fuori da queste manovre le Arciconfraternite di San Martino e di San Nicola e la Confraternita del SS. Sacramento (Santa Maria), istituite intorno alla metà del 1600 e da sempre sotto il controllo delle tre Parrocchie.
Nel 1866 le leggi eversive emanate dal nuovo Stato unitario incamerarono i beni di tutte le Corporazioni religiose e quindi delle Confraternite, senza eccezione alcuna.
Ma prima di abbandonare questo importante argomento tentiamo di dare uno sguardo alla vita intima di queste Confraternite. Siamo stati fortunati nel trovare nell’Archivio della Basilica di S. Maria gli atti relativi ad alcune Confraternite, i quali ci danno la possibilità di poter penetrare, in parte, tale mistero; ed è quanto mai suggestivo poter ancora ricostruire uno squarcio di vita dei secoli trascorsi. Oltre al lavoro spirituale interno della confraternita, regolato dagli articoli dettagliati dei singoli statuti, come abbiamo visto per la confraternita del SS. Sacramento e di parecchie altre, esse avevano anche un culto esterno per il quale si associavano alle chiese maggiori alle quali erano affiliate.[31]
Tali rapporti si limitavano più che alla assistenza religiosa, che, come abbiamo visto, era affidata ad un Sacerdote cappellano che nella confraternita non aveva, in generale, né voce attiva né passiva, all’obbligo di partecipare a determinate manifestazioni festive con tutte le insegne loro proprie: stendardo, Croce processionale, presenza dei confrati in camice bianco e mozzetta a vario colore. Pigliamo per esempio la Confraternita di S. Maria dell’Itria o Odigitria, che aveva sede in una chiesetta, ora scomparsa, che si trovava presso quella di S. Giovanni. Essa doveva partecipare alle feste di S. Filippo e Giacomo con la Chiesa di Santa Maria; alla festa di Pasqua con quella di San Nicola; a quella di S. Maria della Misericordia e di San Sebastiano, assieme alle relative confraternite, nella Chiesa di San Martino.[32]
Aveva inoltre obblighi particolari nelle solennità comuni della città, come per le Quarantore di città, ( Domenica delle Palme a S. Maria ), per le litanie della Grazia e soprattutto per il Corpus Domini. In tali occasioni il Rettore della confraternita assoldava, essendo la sede fuori del paese, sul fiume, e piuttosto lontana dal centro, un portatore del gonfalone ad orifiamma e della Croce processionale, quindi invitava i confrati a vestirsi e prendere parte alla processione che diventava, oltre che una manifestazione di fede, anche una espressione folkloristica tradizionale specialmente quando si trattava della Festa di S. Marco e di quella dell’ Annunziata del Rovere bello. La chiesa di San Marco era sulle pendici dei monti a tramontana e il 25 Aprile tutta la popolazione, con in testa il clero di S. Maria e delle altre due chiese, con i canonici delle tre collegiate in ermellino, preceduti dal mazziere in casacca rossa e feluca alla napoleonica, recante la grossa mazza d’argento simbolo della dignità canonicale, si dirigevano verso la chiesa.[33]
Le Confraternite erano al completo con i loro gonfaloni. Gli spari dei mortaretti, i suoni delle campane, delle trombe, dei grossi tamburi e delle ciaramelle, davano alla processione un tono di alta solennità. Il lungo corteo religioso, cui partecipava veramente tutto il popolo in massa, si snodava, sgargiante di colori vivaci, lungo i campi che già si erano destati dal rigore invernale e, giunti alla Chiesa, si cantavano le lodi del Santo. Dopo la Messa solenne veniva impartita la benedizione ai campi e alle colture; poi tutti, clero confraternite e popolo, si davano alla serena allegria di una scampagnata primaverile con suoni e spuntini innaffiati da vino generoso.
Più complicata invece era la Festa di S. Maria Annunziata del Rovere bello, la cui chiesa distava dal paese oltre 3 Km. Di essa ancora esistono le rovine nelle linee trecentesche sul ciglione franato del torrente Annunziata. Era una festa propria della chiesa di S. Maria ma a cui vi era obbligo, sancito dalla tradizione e da ordini superiori espliciti, di partecipare per tutte le confraternite e per gli altri cleri delle due chiese maggiori di S. Nicola e di S. Martino. Purtroppo la vita tra le tre chiese non era facile. Un insanabile antagonismo si trascinava da secoli ( 1400 ) e turbò fino ai tempi recentissimi ( 1936 ), data della divisione delle parrocchie, le relazioni tra i tre cleri; perciò ben determinate erano le leggi che regolavano i diritti e i doveri di ciascun clero.
Sono del 1528 e del 1568 i documenti che ci riferiscono le modalità di detta processione che, purtroppo, nel 1568 diede seguito ad uno dei non rari casi di rimostranze violente da parte del clero di S. Nicola.[34] Il primo a muoversi era il clero di S. Maria assieme a tutte le confraternite della parrocchia e si dirigeva, cantando le litanie dei Santi, verso la chiesa di S. Nicola dove erano già ad aspettare il clero della chiesa e le relative confraternite. Quivi arrivati, rendevano omaggio al Santo titolare e quindi, sempre cantando dette litanie, i due cleri, accompagnati dal popolo del quartiere e dalle confraternite, si dirigevano verso la chiesa di S. Martino. Anche qui, reso il solito omaggio al Santo titolare, i tre cleri insieme, le confraternite, il popolo, al suono di ciaramelle, intramezzato dal canto delle litanie, attraverso la porta di S. Martino, si dirigevano verso la chiesetta dell’Annunziata del Rovere Bello. Giunti sul luogo, un Sacerdote della chiesa di S. Maria celebrava la Santa Messa e fatte le altre funzioni tradizionali, si ritornava processionalmente fino alla porta di S. Martino, dove il Sacro corteo si scioglieva.
Nel clima notoriamente stizzoso che vi era in città, tali regole dovevano essere osservate rigidamente, se no, sopravvenivano proteste, ricorsi all’Arcivescovo e addirittura scandali come nel caso riferito dal documento citato, in cui appunto il clero di S. Nicola abbandonò la processione, portando via con sé alcune confraternite e tutto il popolo della parrocchia, dopo aver insultato quelli di S. Maria:
“ …… Dicto clero si separaro con molti inhonesti paroli da lo dicto clero di S. Maria perché sono Luterani et in chisto sindi andaru loro separatamente. “[35]
Il documento è un’esposto all’Arcivescovo di Messina da cui si invoca la scomunica contro lo scandaloso clero di S. Nicola, di cui era notorio lo spirito stizzoso e il comportamento intransigente in simili casi, forse vecchio retaggio dei loro padri - i greci – che avevano abitato in quel quartiere. Ma dove si esplicava l’attività personale maggiore delle confraternite era nelle feste proprie di ciascuna di esse. La Confraternita di Santa Maria dell’Itria solennizzava come feste proprie quella di S. Biagio ( 3 Febbraio ), quella di S. Maria dell’Itria ( terzo giorno dopo Pentecoste ), quella di S. Aloi ( S. Eligio 25 Giugno ) ed infine quella dell’Immacolata ( 8 Dicembre ). Tanti giorni prima si iniziavano i preparativi: si comprava la cera grezza con cui uno dei confrati modellava i grossi ceroni che servivano per la luminaria e la processione; si acquistava il cotone e il fiocco che veniva benedetto e poi distribuito, il giorno della festa, ai fedeli che lo portavano a casa come reliquia. Si pensava inoltre all’addobbo della chiesa: vi era un Sacerdote ( il Sac. Domenico Blandini ) che affittava il necessario ( tarì 24 ). Il tamburinaio, seguito da un codazzo di fanciulli, percorreva tutte le strade della cittadina e la gente accorreva in massa alla chiesa della confraternita. E poi il giorno della festa, nello splendore della liturgia del tempo, con musica, canti, suoni di tamburi e ciaramelle si portava in processione il Santo.
Ma il momento più aspettato era il lancio delle colombe: si acquistavano da sette a otto colombe e più, quando il Santo si ritirava in chiesa, giunto sulla soglia, da una gabbia opportunamente nascosta, si liberavano le colombe che, spaventate dai mortaretti, prima volteggiavano intorno al Santo e quindi si perdevano nello spazio.[36]
Cose semplicissime che fanno forse sorridere noi che siamo più raffinati di gusto, ma che allora si godevano pienamente nella aspettativa consapevole, consacrata dalla lunga tradizione.
Nella festa di S. Biagio, la mattina, oltre ad offrire ai confrati, nella sacrestia, una piccola colazione a base di biscotti acquistati dalle Suore di clausura del Monastero di S. Bartolomeo, che aveva l’esclusiva, la sera si distribuiva al popolo “ U panuzzu di San Blasi “ che veniva consumato con devozione particolare da tutti i fedeli.[37]
E le spese di tanto sfarzo donde si ricavavano? E’ tanto curioso il mezzo per far denaro e leggendo i documenti un sorriso non può non manifestarsi sulle nostre labbra. Oltre alle raccolte in chiesa e per le strade, fatte dalla “ Commissione “, preceduta dai tamburinai ( tre nella festa di S. Biagio ), lungo l’anno si ricorreva a varie industrie per raccogliere le somme necessarie.
Leggo sul registro degli introiti di detta confraternita per il 1696:
“Fata racolta per li manganelli libera, tarì 20”.
“Elemosina di seta raccolta nelli manganelli, tarì 15 …….”
“Sorteggio di una porcella il giorno di S. Blasi, tarì 4 ……“[38]
Ed ancora nell’introito del 1690 – 1691:
“I confrati vendono una troia a mastro Filippo Perciabosco per tarì 14 …….”
E nel 1686 – 1687:
“ mezza troia per tarì 5 “.[39] Inoltre affittano n. 126 capre a Giambattista Saitta per onze 3 e tarì 30 all’anno.[40]
Tutte piccole industrie che assieme alle rendite dei legati che la chiesa possedeva, fornivano le modeste somme necessarie per l’esercizio del culto esterno della confraternita.
Sono costumi pieni di suggestiva semplicità che ci aprono uno squarcio di quel passato glorioso della città dalle oltre cento chiese, in gran parte centro dell’attività religiosa delle numerose confraternite, che con le loro feste caratterizzavano il costume di questa singolare e gloriosa cittadina “ dalle molte vite “.
Randazzo – Febbraio 2019
Dott. Salvatore Rizzeri
[1] G. Plumari ed Emmanuele - Codice diplomatico di Randazzo - Ms. presso biblioteca comunale di Palermo, voce Qq. H 116, pagg. 9 – 13. Plumari ed Emmanuele - Storia di Randazzo … - Ms. 1849, Vol. I°, Libro III°, presso biblioteca comunale di Palermo, segnatura Qq. G 76 – 77, pag. 324 e seg.
[2] S. Rizzeri - Le Cento Chiese di Randazzo – Ediz. Gennaio 2008.
[3] Le Confraternite – in “Enciclopedia Cattolica “, Vol. VI pag. 268.
[4] Documenti di Santa Maria della Pace e di Santa Barbara: 22/12/1612 – 22/09/1689. Documento di Santa Maria dell’Itria del 16 Aprile 1611.
[5] Gualtiero Fisauli - Notizie storiche sulle Chiese parrocchiali di Randazzo. – Man. presso archivio della famiglia.
[6] S. Rizzeri - Le Cento Chiese di Randazzo, i Conventi e i Monasteri. Catania 2008, Ed. Artemide: Santa Maia di Gesù – Minori Osservanti -; SS Salvatore ex S. Onofrio – Cappuccini -; S. Maria della Grazia – Domenicani ; S. Francesco di Paola – Paolotti -; S. Francesco d’Assisi – Minori Conventuali -; SS. Salvatore della Placa – Basiliani -; S. Michele Arcangelo – Carmelitani -. Nonché i tre Monasteri benedettini femminili di clausura: San Bartolomeo, Santa Caterina da Siena, San Giorgio ex S. Maria Maddalena.
[7] S. Rizzeri - Randazzo e la sua storia - “ Il Convento di S. Domenico “. Randazzo notizie 1990 n. 34 pag. 30 – 31.
[8] Archivio della Chiesa di S. Maria - Regolamento della Confraternita del SS. Sacramento - C. VIII.
[9] Storia dell’Ospedale e libro dei redditi - Archivio Ospedale Civico -.
[10] Un’onza equivale in moneta attuale a 850 Euro circa.
[11] Archivio Comunale: Atto del 23 Maggio 1600.
[12] Gualtiero Fisauli - Opera citata -.
[13] S. Rizzeri - Le Cento Chiese di Randazzo – Ediz. Artemide. Catania 2008. “ La Chiesa dell’Annunziata “ n. 109.
[14] Ogni contesa si estinse quando le autorità ecclesiastiche cedettero in proprietà alla Confraternita la Chiesa.
[15] S. Rizzeri – La Chiesa dell’Annunziata – Dattiloscritto inedito.
[16] Archivio della Chiesa dell’Annunziata: Capitolo del 25 Marzo 1686.
[17] Archivio della Chiesa di Santa Maria.
[18] Archivio della Chiesa di Santa Maria.
[19] A.C.S.M. - dalle lettere di P. Pietro Rizza ai confrati di Randazzo.
[20] A.C.S.M. - dalle lettere di P. Pietro Rizza ai confrati di Randazzo.
[21] A.C.S.M. - Ibidem.
[22] A.C.S.M. - Registro dei congregati.
[23] Archivio della Confraternita.
[24] S. Cucinotta - Popolo e clero in Sicilia nella dialettica socio-religiosa fra cinque-seicento - Messina 1986, Op. cit. pag. 24 6.
[25] S. Cucinotta - Ibidem .Op. cit. pag. 246.
[26] S. Cucinotta - Opera cit. pag. 246 A.S.V. - Relationes ad limina: Messina 1591, Palermo 1640, Siracusa 1662.
[27] G. Plumari - Storia di Randazzo …. - Vol. I, libro III, pag. 324. Ms. presso biblioteca comunale di Palermo, 1849.
[28] S. Rizzeri -Le Cento Chiese di Randazzo – Edizione 2008, n. 81.
[29] A.S.V. - Congregazioni del Concilio, relationes ad limina, ad annum per diocesi. Cucinotta - Popolo e clero in Sicilia … - Messina 1986, Op. cit. pag. 247.
[30] I. Scaturro - o.c. , Vol. I, pp. 452, 531-32, 706, Vol. II p. 143. - M. Ciaccio - o.c. , Vol. II, pp. 182, 274, 378.
[31] A.C.S.M. - Atti, statuti e documenti diversi appartenenti ad alcune confraternite della città.
[32] A.C.S.M. - Documenti della confraternita di S. Maria dell’Itria.
[33] A.C.S.M. - Documenti della confraternita di S. Maria dell’Itria
[34] A.C.S.M. Costruz. 1790-1821, Vol. II, Doc. del 18 Settembre 1528, Ind. II, pag. 6. Doc. 6, V–XI Ind. Anno 1568, pag. 8.
[35] Archivio della chiesa di S. Maria: Costruzione 1790 – 1821, Vol. 2°, doc. 6. Ind. V – XI, Anno 1568 pag. 8.
Doc. del 18 Settembre 1528, Ind. II, pag. 6
[36] A.C.S.M. - Documenti della confraternita di S. Maria dell’Itria.
[37] A.C.S.M. - Dai registri della confraternita di S. Maria dell’Itria.
[38] A.C.S.M. - Registro degli introiti della confraternita, anno 1696.
[39] A.C.S.M. - Documenti della confraternita di S. Maria dell’Itria, registro degli introiti.
[40] A.C.S.M. - Dal registro degli introiti della confraternita, anni 1686 – 1687 – 1690 – 1691 – 1696.