La Scultura

La Scultura

LA SCULTURA NELLA CITTA’ DI RANDAZZO

di

Salvatore Rizzeri

 

Anche a Randazzo, come del resto in tutta la Sicilia, la scultura del primo periodo, a differenza della pittura e dell’architettura, ha manifestazioni saltuarie e pochissimi sono gli esemplari che, d’altra parte, ci testimoniano come tale branca dell’arte non solo era a servizio dell’architettura, ma era anche patrimonio di semplici lapicidi che dominarono, con la loro opera di limitato valore artistico, tutti i secoli che antecedettero l’azione possente e vivificatrice del Laurana e dei Gagini.

Dell’età normanna e sveva ci restano a Randazzo alcuni gruppi di capitelli che si innestano nella corrente siciliana dell’ornato, che piglia i suoi soggetti dalla flora e dalla fauna, corrente di cui in seguito l’influsso spagnolo abusò talmente da portare a quell’aspetto artistico definito “pataresco” , che ha come sua caratteristica l’ammassamento degli ornati. Le decorazioni con motivi vegetali, lacustri, le forme fiorite a cardi, a margherite, il motivo del finocchio riccio, compaiono in forma primitivamente stilizzata nei capitelli del Campanile di S. Martino, mentre in quelli della Chiesa di S. Maria, con arte più progredita ed evoluta, abbiamo composizioni scultoree a base di soggetti tratti prevalentemente dalla fauna; questi, innestandosi alla tradizione normanna dei chiostri di Monreale e di Cefalù, elaborati dalla scultura sveva che si veste, in tutte le sue manifestazioni, di motivi nordici, acquistano nella Chiesa di Santa Maria, movenze lombarde e nel Campanile di San Martino francesi.

La remota tradizione bizantina trova una testimonianza in Randazzo nei capitelli a palmetta stilizzata del Fonte Battesimale di San Nicola e in quelli degli archivolti di Palazzo Rumolo, in cui la tecnica della lavorazione ad incasso reciso e vivo, fa sorgere una nota di chiaroscuro che dà pieno risalto al motivo ornamentale.

All’ultimo periodo normanno appartengono le poche opere di scultura che ci rimangono: il Leone della Cripta di S. Maria, i due Leoni in arenaria della Chiesa di S. Martino, gli angioletti che fanno da cariatide alla porta della facciata di S. Maria, le sculture del portale della Chiesa di Maniace, nonché il gruppo scultorio in arenaria ora murato sul cantonale di tramontana della Chiesa di S. Nicola. Di alto valore artistico sono i due Angioletti che fanno da mensola all’archivolto del portale di destra della facciata di Santa Maria. Secondo la testimonianza del Plumari, essi sono originari, perché appartengono al vecchio campanile del sec. XIII che venne diroccato e rifatto con nuovo schema iconografico nella metà del secolo passato  dall’Architetto Francesco Saverio Cavallari.

Una considerazione particolare merita la statuetta in marmo della facciata sud della Chiesa di S. Maria, rappresentante la Madonna col Figlioletto in braccio. Essa è di un’arte più evoluta e ci porta alla tradizione toscana; entra infatti nello schema iconografico della Madonna di Orvieto di Nino Pisano.

Altre opere di composizione scultorea che segnano un’altra tappa verso il successivo periodo rinascimentale, sono la Tribuna di S. Martino in marmo bianco di puro stile gotico, con evidenti influssi nordici, e una piccola Annunciazione infissa nel muro di una casa di Via Orto, che, sebbene gravemente mutilata dalla guerra, ci mostra, nel suo schema tradizionale, un soffio di arte nuova che supera il vecchio stile romanico.

Per trovare in Randazzo, come in tutta la Sicilia, vere espressioni di arte scultorea, bisogna aspettare la venuta dalla lontana Lombardia dei Gagini, per merito dei quali la scultura siciliana iniziò il suo corso rigoglioso e si affermò con le sue forme improntate al più puro stile rinascimentale. Fondatore della famiglia in Sicilia fu Domenico Gagini, ma colui che dominò tutto il primo scorcio del sec. XVI fu il figlio Antonello, che lasciò tracce della sua prodigiosa operosità artistica in ogni angolo della Sicilia.

Randazzo possiede di questo artista una delle opere più riuscite: La Statua di S. Nicola, nella Chiesa omonima, firmata, datata e da lui stesso collocata secondo il contratto del 1523, nel posto in cui ancora si trova. Per 60 onze egli diede alla nostra città l’opera più rappresentativa della sua maturità artistica, che suscitò l’ammirazione del Di Marzo e che venne definita dal Prof. Enzo Maganuco, con frase incisiva, “opera veramente musicale”. Nel marmo ambrato dal tempo è infatti impresso il sentimento di bellezza e maestà di cui aveva il segreto solo il Gagini.

La maestà mista alla più alta serenità, traspare dal volto come perduto in estasi: la pietà, la delicatezza e la grazia delle sue infinite Madonne si fondano qui in una sintesi ardita che penetra il cuore e che parla all’anima. L’espressione di profonda interiorità impressa nel volto è accompagnata dal più decoroso schematicismo del panneggio che senza essere vistoso è talmente proporzionato, aderente alla realtà che, come dice il Di Marzo, “saresti tentato di alzare il lembo della pianeta per constatare e toccare con mano tutte le piegature del sottostante vestito”.

Indubbiamente è la più bella opera di scultura che possiede Randazzo. Ad essa si accompagnano, della stessa scuola, i pannelli dell’altare del Santo, più sobriamente modellati, perché forse l’autore con intento non volle distrarre l’attenzione e gli occhi dell’osservatore, dall’opera più importante, verso l’accessorio. L’arte di Antonello ha come continuatore, in tono minore, il figlio Gian Vincenzo che portò a termine le sculture dell’altare del Sacramento della stessa Chiesa, rimaste incomplete a causa della morte del padre.

E’ opera del solo Gian Vincenzo Gagini la Madonna delle Grazie ora nella chiesa di San Martino, opera meravigliosa di alto lirismo scultoreo. La figura trasognata in una fissità smarrita e dolce nello stesso tempo; l’estasi della contemplazione espressa dai due occhi semichiusi che fissano il Bambino appena sostenuto, anzi sfiorato delicatamente dalle mani sottilissime e affusolate, che ci indicano l’alta spiritualità da cui è pervasa tutta la statua; le lunghe trecce, la plasticità meravigliosa del panneggiamento mettono in risalto quel sorriso dolcemente estasiato che serpeggia nel volto e si localizza nelle papille dell’affusolato setto nasale.

Assieme a questa autentica opera d’arte, altre se ne enumerano nella nostra città appartenenti a questa scuola gaginesca: La Pietà della tomba di Elisabetta Collima nella Chiesa di S. Maria di Gesù, ora ad Acireale nel Museo diocesano: E ancora: la Madonna della Misericordia in S. Martino e la Madonna del Carmine nella Chiesa omonima.

Ad un periodo di poco anteriore al rinnovamento gaginesco appartengono le metope in arenaria, ora sfaldate e corrose dal tempo, della facciata della chiesa di S. Martino, che presentano già nel loro schematicismo, la linea rinascimentale.

Opere di un’arte più evoluta, ridondante, lontana dalla semplicità cinquecentesca, sono l’altare della Basilica di S. Maria con i putti e gli Angeli del fastigio, opera di ricco e minuzioso intarsio di artisti palermitani e il lavabo della Sacrestia che ha reminescenze classiche nel putto.

Una considerazione a parte meritano i Crocifissi, una decina tra belli e brutti. In gran parte essi appartengono a quell’indirizzo iconografico che, allontanandosi dagli orrori impressionistici del medioevo, ci presenta il Cristo dolorante ma di un dolore composto e solenne che mentre ci commuove non ci inorridisce. I più recenti, opere pregevoli dell ’800, sono quelli della Chiesa del Collegio e quello della Chiesa del  Sacro Cuore. Ma le autentiche opere d’arte  sono il Crocifisso di San Martino e quello di S. Pietro. Appartengono certamente al secondo scorcio del cinquecento ed entrambi devono ascriversi a quella corrente promossa dal Francescanesimo di composto realismo della tragedia del Golgota.

L’artista interpreta la figura dolente del Redentore con una personale visione delle cose ma in cui è assai viva la dipendenza della iconografia trecentesca tendente allo strazio. L’uno e l’altro Crocifisso probabilmente sono esemplari modellati nel clima della controriforma, quando l’opera rigeneratrice della Chiesa volle stimolare e suscitare la pietà e la devozione dei fedeli.

Il Crocifisso di San Martino è attribuito ad uno della famiglia dei Matinati, fiorita a Messina nel sec. XVI. L’equilibrio della stilizzazione, la modellatura serena ed armoniosa delle membra ci fanno testimonianza della perizia dell’artista. Quello di San Pietro rivela invece un realismo più crudo, più immediato, attraverso le profonde piaghe che coprono il corpo di Gesù e attraverso le escoriazioni dei ginocchi. La stilizzazione è meno perfetta che nel precedente e una certa rigidezza  in tutta la modellazione ci dice che esso appartiene forse ad un secolo di minore sensibilità artistica e pertanto è posteriore a quello di S. Martino.

Si è fortunatamente recuperato, grazie al restauro effettuato dall’artista randazzese Prof. N. Trazzera, il Crocifisso ligneo della Chiesa di S. Maria di Gesù, opera pregevolissima di Francesco Pintorno (1601-1639), il famoso frate Umile da Petralia, che esternò la sua profonda pietà verso il Redentore, scolpendo in ginocchio ben 33 Crocifissi in legno che popolarono tutta la Sicilia e che sono improntati e pervasi da un sentimento di dolce misticismo. Completamente distrutto dalla guerra e non più recuperato quello un tempo posseduto dalla Chiesa di San Nicola.

Ai Crocifissi si possono aggiungere varie opere sacre e profane del settecento, secolo che ben poco di apprezzabile ci lasciò a Randazzo. Tra tutte queste opere mediocri, è degno di nota il medaglione in marmo che adorna la porta centrale dell’Ospedale, che porta la data del 1741.

Altra opera degna di nota è il gruppo scultorio dell’Annunziata del 1840. E’ in legno ed è un lavoro delle provette maestranze di Acireale che seppero infondere in esso non solo il movimento composto, ma anche un certo misticismo tipico in questo genere di opere appartenenti al sec. XIX.

Il poco che resta delle opere di scultura entra nel genere decorativo che, sebbene di grande efficacia e di crudo realismo, è opera piuttosto di lapicidi locali anziché di veri artisti, come i mascheroni di Casa Ferro, di Casa Romeo e le cariatidi di Via Roma. Per ammirare un vero soffio d’arte, bisogna aspettare la fine del secolo il quale seppe darci, sebbene attraverso opere di bottega, un vero sprazzo di quell’arte rinnovata dal genio di artisti che crearono opere di grandissimo valore.

Randazzo ha due stele funerarie di pregio, una del Grimaldi e l’altra del Condorelli, artisti catanesi che entrano nella scia del Duprè e che nella provincia dominarono incontrastati il campo dell’arte del primo novecento; ne può passare sotto silenzio la decorosissima Via Crucis in terracotta del Pirrone, artista contemporaneo, che attraverso la linea stilizzata novecentesca seppe imprimere una nota di vero e puro lirismo in figure improntate ad un alto realismo, che bene si inquadrano nello stile solenne della Basilica di Santa Maria.

INDICE PROSPETTICO

DELLE OPERE DI SCULTURA DELLA CITTA’ DI RANDAZZO

 

SECOLO XII 

Leone della cripta della chiesa di S. Maria.

Leoni in arenaria della chiesa di S. Martino.

Gruppo scultorio in arenaria della chiesa di S. Nicola.

Capitelli del I e II piano del campanile di S. Martino.

SECOLO XIII

Capitelli del campanile di S. Maria.

Capitelli e cariatidi delle porte laterali della facciata di S. Maria.

Capitelli del terzo piano del campanile di S. Martino.

Figura di Cristo togato presso il sig. Meli.

Annunziazione di Via Orto. 

SECOLO XIV

Madonnina di scuola pisana della porta sud di S. Maria.

Capitelli bizantini di Palazzo Rumolo.

Fonte Battesimale in arenaria di S. Nicola.

Tribuna marmorea di S. Martino.

Pila d’acqua benedetta di S. Martino.

Ciborio in marmo bianco di S. Martino.

SECOLO XV 

Fonte Battesimale in marmo rosso (1447), di Angelo Ricci, nella chiesa di S. martino. 

SECOLO XVI

  1. Gagini: Statua di S, Nicola (1523), nell’omonima chiesa.
  2. Gagini: Pannelli dell’altare di S. Nicola nella chiesa omonima (1523).
  3. Gagini: Altare del Sacramento (1535), nella chiesa di S. Nicola.
  4. Gagini: Pietà della Tomba Collima, ora in Acireale.
  5. gagini: Madonna delle Grazie, nella chiesa di S. Martino.

Scuola Gaginesca: Madonna della Misericordia, nella chiesa di S. Martino.

Scuola Gaginesca: Madonna della chiesa di S. Nicola.

Scuola Gaginesca: Fonte Battesimale nella chiesa di S. Maria.

Scuola Gaginesca: Pile d’acqua Santa nella chiesa di S. Maria.

Ignoto: Metope in arenaria della chiesa di S. Martino.

Matinati: Crocifisso della pioggia, chiesa di S. Martino (1540).

Fr. Umile da Petraia: Crocifisso della chiesa di S. Maria di Gesù.

Ignoto: Sarcofagi della chiesa di S. Maria di Gesù.

Ignoto: Sarcofago Romeo-Sollima della chiesa di S. Domenico.

SECOLO XVII

Altare maggiore della chiesa di Santa Maria (1668).

Lavabo in marmo della chiesa di S. Maria.

SECOLO XVIII 

Crocifisso della chiesa di San Pietro (1766).

Statua dell’Addolorata in San Pietro.

Statua di San Silvestro, nella chiesa dell’Annunziata (1766).

Statua marmorea del Gigante Piracmone (1737).

Medaglione marmoreo della Pietà, dell’Ospedale Civile (1741).

Cariatidi di Via Cairoli (1771).

Mascherone di Casa Ferro.

Metopa con Angelo presso sig. Meli.

SECOLO XIX

Gruppo dell’Annunciazione (1840), presso la chiesa dell’Annunziata.

Crocifisso della chiesa del SS. Salvatore, (Collegio Salesiano).

Mascheroni del campanile della chiesa del Collegio.

Mascherone di Casa Romeo in Via Cairoli. 

SECOLO XX 

Grimaldi: Genio della morte.

Condorelli: Composizione allegorica.

Giordano: Sarcofago presso cappella Fisauli.

Pirrone: Via Crucis della chiesa di S. Maria.

Statua marmorea di S. Giovanni Bosco, in Piazza S. F.sco di Paola, (Oratorio).

  1. Trazzera: Cristo Re, ceramica policroma mt. 4 x 4, nella chiesa di Cristo Re (1981).
  2. Trazzera: S. Giovanni Bosco, pala in terracotta, mt. 4 x 1,60, nella chiesa di Cristo Re (1981).
  3. Trazzera: S. Cristofaro col Bambino, ceramica policroma a bassorilievo mt. 3 x 1,50, presso Porta Palermo o della dogana.
  4. Trazzera: Gruppo scultorio in bronzo ispirato ai valori della pace, mt. 3,50 x 1,20 x 1,00,  in Piazza S. Francesco d’Assisi.
  1. Arrigo: Statua in pietra lavica di S. Giuseppe (1982). In Piazza S. G. Bosco.
  2. Arrigo: Monumento ai caduti della II Guerra Mondiale (1985), in Piazza Bixio.