L'Ospedale di Randazzo
L'Ospedale di Randazzo
- Dettagli
- Categoria: Pagine di Cultura
- Pubblicato: Venerdì, 30 Agosto 2019 21:45
- Scritto da Salvatore Rizzeri
- Visite: 1569
L’Ospedale di Randazzo
www3.unict.it/aos/province/catania/randazzo.htm
del Prof. Mario Alberghina
L’Ospedale civile di Randazzo è nel Convento dei Minimi di San Francesco di Paola, nella piazza Ospedale e nella via che ha inizio nell’odierna Piazza San Francesco di Paola, attaccato all’abside della chiesa seicentesca omonima. All’ingresso in alto vi è un bel rosone in marmo che raffigura la Madonna con Gesù morto tra le braccia. Il convento dei frati fu requisito a seguito delle legge sull’incameramento dei beni ecclesiastici ed assegnato al Comune che nel 1868 lo destinò a sede dell’Ospedale cittadino. In seguito ai bombardamenti del 1943, la Chiesa e l’Ospedale subirono gravissimi danni. Non esistono documenti fotografici anteriori a quell’evento.
La prima sede dell'Ospedale dei poveri di Randazzo, istituito nel 1470 dal nobile Ruggero Spadafora detto Gerotto, barone di Roccella e Randazzo, barone di Maletto (così dice la Giuliana del 1707), dotato di beni, censi e gabelle e nel tempo arricchito con censi annuali sopra mulini, palmenti, vigne e giardini e con la gabella delle capre, fu nella Chiesa sconsacrata di San Giuseppe. La chiesetta, demolita nel 1631, sorgeva nell'attuale via Duca degli Abruzzi, nei pressi della sacrestia della Basilica di Santa Maria. L'Ospedale fu successivamente trasferito nei locali siti nell'attuale Corso Umberto I, angolo Piazza Municipio (palazzo Fisauli). All'Ospedale fu affiancata una chiesetta che ad esso doveva servire. Tale Chiesa venne intitolata a Santa Maria della Carità. Con atto in notar Silvestro De Monastris del 29 agosto 1560, III^ Indizione, la Confraternita della Carità decideva di unirsi all'Ospedale nuovo, cedendo a questo tutto il proprio patrimonio, continuando però a prestare quel servizio cui si erano obbligati con voto volontario all'atto della loro affiliazione alla Confraternita: la ricerca, cioè, degli infermi abbandonati e la raccolta volontaria delle elemosine. Nel 1830, la rendita annuale era di ducati 532,9; l’amministrazione assegnava a sorte legati di maritaggio. Alla fine del ‘700 è documentata la presenza nell’Ospedale dei Poveri sotto il titolo di "S. Maria della Pietà”, di un Conservatorio dei proietti e della “ruota”, dotata di lume ad olio, per gli esposti. A tale servizio l’amministrazione ospedaliera era tenuta in seguito al Dispaccio Patrimoniale Reale del 1791. La Chiesa, una filiale coadiutrice della Parrocchia Matrice, era sotto la giurisdizione dell’Arcivescovo di Messina che vi esercitava la visita. La chiesetta, ridotta ad uso profano, fu venduta assieme al vecchio Ospedale nell'anno 1887 al Sig. Vincenzo Fisauli, così come risulta dall'atto in Notar P. Petrina. Una stanza del pian terreno del Palazzo Fisauli, mostra ancora nella planimetria le linee della Chiesa. In epoca borbonica, l’Ospedale era amministrato da una Commissione Comunale e diretto da un Rettore, membro della Confraternita dell’Ospedale sotto il titolo di S.M. della Pietà. Esso era eletto segretamente nella chiesa, tra i quaranta confrati nobili o borghesi possidenti, a quell’ufficio annuale, proposto al Sindaco e nominato dall’Intendente di Catania in qualità di presidente del Consiglio Generale degli Ospizi. Nel periodo tra il 1829 ed il 1835 l’ospedale fu chiuso per mancanza di mezzi economici e per la necessità di consistenti acconci e riparazioni al piccolo fabbricato. Allorché si provvide ai lavori di sistemazione del camerone superiore, della cisterna e della Chiesa ed all’acquisto di pochi mobili e suppellettili, poterono essere ricoverati solo 4 ammalati, mentre i proietti mantenuti a balia erano circa 24 all’anno.
Elenco dei Governatori o Rettori annuali nel primo Ottocento:
Ciancio Filadelfo (1788)
Romeo Ciancio Francesco (1800)
Polizzi Romeo Giuseppe (1801)
Ciancio Filadelfo (1802)
Romeo Pietro (1803)
Finocchiaro Cesare (1804)
Fisauli Federico (1805-1806)
Finocchiaro Francesco (1807)
Romeo Francesco (1809)
Amato Francesco (1810-1811)
Vagliasindi Mattia (1812)
Fisauli Giuseppe (1813)
Finocchiaro Cesare (1814)
Vagliasindi Diego (1815)
Varotta Giuseppe (1816)
Scala Mariano (1817)
Palermo Francesco (1818)
Ciancio Romeo Tommaso (1819-1821)
Palermo Luigi (1822)
Scala Mariano (1825)
Finocchio Tommaso (1826)
Vagliasindi Mariano (1827)
Dominerò Ignazio (1841)
Romeo Vincenzo (1844)
Dominedò Antonio (1845)
Dominedò Antonio (1851)
Basile Ferdinando (1852)
Licari Saverio (1853)
Vagliasindi Francesco (1854)
Componenti della Congregazione di Carità comunale nel 1864:
Romeo Diego
Fisuali Gregorio
Romeo Vincenzo
Vagliasindi Pietro
Poiché della Confraternita facevano parte il Sindaco ed i Decurioni, si comprende come l’intreccio di interessi economici sulle rendite dell’Ospedale fosse consistente. Il potere politico, economico e giudiziario era in mano a poche famiglie apparentate tra loro: i Vagliasindi, i Fisuali, i Finocchiaro, i Romeo, i Polizzi, gli Scala, che si scambiano i ruoli di comando nel paese. Costoro erano, infatti, i maggiori debitori nei confronti dell’amministrazione dell’Ospedale impiegandone per fini personali i capitali. Frequenti sono le memorie di protesta e le cause contro debitori per la situazione creditizia nei confronti di affittuari ed enfiteuti. Questo stato di cose spiega la critica situazione assistenziale in cui versava l’Ospedale nell’Ottocento.
Lettera all’Intendente e all’Amministrazione dell’Ospedale scritta il 10 maggio 1827 dal cav. Mariano Vagliasindi Rettore, un anziano nobile morto l’anno successivo, avente per oggetto:
“Si rapporta la malversazione nell’amministrazione e lo stato orrido dell’infermeria per la pessima condotta dell’infermiere”.
Signore,
onorato e cortesemente da Lei obbligato ad assumere mio malgrado le funzioni di Rettore di questo Spedale dei Poveri………ho osservato quanto lo stato passivo superi lo attivo………Alla vista di così lacrimevoli posizioni, ho sentito il bisogno di portare una minorazione nei soldi………e mi sono raccapricciato in leggendo le onze quattro destinate per il medico, e tarì quindici ad un Prete per assistere i moribondi. Il primo stipendiato dal Comune con onze dodici con l’espresso obbligo di servire i Poveri, ricco nel suo stato, non ha avuto a vile, né si è fatto il menomo scrupolo di esigere altre onze quattro dal miserabile ospedale………Che dire del Prete………non è perciò una modificata simonia ?
In seguito mi sono condotto all’Infermeria: un’anima sensibile ed umana non potrà trattenere le lacrime………Il quarto superiore, destinato necessariamente a ricevere gli infelici, s’è convertito in abitazione dei primi, ed i poveri ammalati proprietari del locale, cacciati in un sotterraneo che neppure potrà servire da magazzino attesa la sua eccessiva umidità………A parte ciò, una grande stanza lunga palmi quaranta circa e larga diciotto, non ha che una piccola apertura alta pressoché canna una dal pavimento; il gas acido carbonico perciò vi permane ed ammazza gli ammalati…… … Ma questo è poco; mi inoltrai nella istessa stanza, e in un cantone su di poca e fetidissima paglia giacea uno sventurato febbricitante, mastro Francesco Musumeci, ………e mi disse che lo infermiere tutto in proprio uso converte, abbrugiandosi financo le lettiere e vestendo… li lenzuoli………lo infermiere mette il colmo a queste barbarie.
E’ stata da me attivata la esecuzione degli arretrati ed io stesso m’aspetto da Lei le analoghe risoluzioni.
Il Rettore
Mariano Vagliasindi
Fonti:
Archivio di Stato di Catania: Fondo Prefettura, Consiglio Generale degli Ospizi, cartella 206, volume 271; G. Plumari ed Emmanuele: Storia di Randazzo, 2 vol., 1849, MS. Biblioteca Comunale di Palermo; Salvatore Rizzeri: Le Cento Chiese di Randazzo. – n. 31, S. Maria della Pietà. - Catania 2008.
(Si ringrazia il Sig. Salvatore Rizzeri, per le informazioni fornite).