Erasmo Marotta
Erasmo Marotta
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- Categoria: Cittadini Illustri
- Pubblicato: Giovedì, 29 Agosto 2019 22:26
- Scritto da Salvatore Rizzeri
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Salvatore Rizzeri
ERASMO MAROTTA DA RANDAZZO
Un Gesuita del ‘ 500 che eccelse nel campo della musica
Se notevole è il contributo in campo musicale della scuola napoletana, con i grandi maestri del Conservatorio di Santa Cecilia, non da meno è l’apporto della scuola Siciliana nel contesto nazionale, con l’espressione sua più insigne: Vincenzo Bellini, figura certamente di risonanza mondiale. Ma non è di lui che intendiamo parlare, troppo grande è la sua fama, bensì di un altro grande oscuro maestro del passato i cui meriti non ebbero però quella giusta risonanza e pubblicità che certamente meritavano. Mi riferisco al Gesuita Erasmo Marotta da Randazzo. Nacque nella cittadina Etnea da Francesco e da Salvuzza Svendroli il 24 febbraio 1576, venne battezzato il giorno seguente nella chiesa parrocchiale di S. Nicolò (Policastro, p. 113).
Fin da piccolo il Marotta dimostrò una grande predilezione per la musica, che studiò con vera passione, in questo favorito dalla sua bella voce. Ancora adolescente si trasferì a Roma dove condusse gli studi musicali e ricevette gli ordini sacerdotali. Secondo Aguilera (p. 393) le doti vocali e musicali gli valsero una fama precoce, grandi onori e un posto di rilievo tra i musicisti della città papale. Ad ambienti romani sono legate le sue prime composizioni musicali conosciute: il Marotta, infatti, contribuì con una coppia di madrigali (Son le risa e Non sono risa) alla raccolta curata da un altro giovane musicista siciliano, Gioan Pietro Flaccomio di Milazzo, Le risa a vicenda (Venezia, G. Vincenzi, 1598). Due anni dopo il Marotta pubblicò la sua prima raccolta a stampa, l’Aminta musicale… Il primo libro di madrigali a cinque voci, con un dialogo a otto (Venezia, A. Gardano, 1600), dedicandola, da Roma il 1° gennaio 1600, al cardinale Girolamo Mattei, celebre collezionista di pitture e appassionato di musica. Nella dedica di questa raccolta di madrigali, quasi tutti su versi tratti dall’Aminta di Torquato Tasso, il Marotta, dopo aver ringraziato il cardinale Mattei per averlo «fatto degno del suo servitio […] tutt’il tempo di mia vita», dichiarava di aver «preso ardire di dargli luce sotto ’l nome di V.S. Illustrissima […] per esser nati [questi madrigali] in casa sua». È probabile, quindi, che il Marotta fosse entrato al servizio di Mattei in giovanissima età e che all’epoca vivesse nel palazzo romano (poi Caetani) del cardinale. Della raccolta, pervenutaci in un solo esemplare privo di alcuni libri-parte, si conosce un solo madrigale che fu ripubblicato dall’editore P. Phalèse nell’antologia Il Helicone (Anversa 1616).
La notorietà dell’Aminta musicale sembra testimoniata anche da un dipinto d’impronta caravaggesca, attribuito a Bartolomeo Cavarozzi (per le figure) e al maestro della natura morta Acquavella. Esso raffigura un suonatore di flauto a becco, incoronato di foglie, insieme con un altro personaggio appoggiato a un tamburello con aria mesta. Sul tavolo, dinanzi a loro, un tralcio di vite con dei grappoli d’uva, un violino di scorcio e un libro di musica di cui sono visibili le pagine contenenti il madrigale Dolor che sì mi crucii (Tasso, Aminta, vv. 1417-1438), tratto appunto dall’Aminta musicale del Marotta. L’identificazione del brano ha permesso di precisare il soggetto del quadro, che raffigurerebbe Aminta insieme con la ninfa Dafne o Tirsi, in questo caso con riferimento ai versi 1319 -1320 del testo tassiano, nei quali si ricorda l’abitudine di Aminta di «raddolcir gli amarissimi martiri al dolce suon de la sampogna chiara» (Colin Slim, p. 250). Restano tuttora ignoti il committente e le circostanze d’esecuzione del dipinto, che è stato datato al 1614-15 (Cottino).
Nel 1603 il Marotta partecipò col madrigale Cede a vostri zaffiri il vago azzurro onde s’adorna il cielo alla raccolta “Infidi lumi” stampata a Palermo quale omaggio a donna Giovanna, figlia di Giovanni d’Austria, in occasione delle sue nozze con Francesco Branciforte Barresi, principe di Pietraperzia e marchese di Militello; ma il volume, cui parteciparono 18 compositori siciliani oltre allo spagnolo Sebastián Raval, è purtroppo andato perduto. L’8 dicembre 1603 morì il cardinale Mattei e il Marotta, pur senza il suo protettore, rimase probabilmente a Roma fino a quando, il 10 maggio 1612, fu ammesso al noviziato dei Gesuiti di Palermo. Nel marzo 1613 si trasferì nel collegio di Messina, di cui divenne Rettore, contribuendo a introdurre in questa città la pratica della monodia su basso continuo. Nella Pasqua di quell’anno, infatti, per la prima volta il Passio secundum Iohannem fu cantato in musica a tre voci soliste dal Marotta e altri cantori (Aguilera, p. 34).
Nel 1618 il Marotta ritornò al collegio gesuitico di Palermo dove si mise in luce per le proprie capacità musicali: le sue esecuzioni divennero presto un richiamo per il popolo e le autorità cittadine, tanto che un nuovo organo fisso fu installato nella chiesa, fino ad allora fornita soltanto di un organo portatile. Nel 1618 il Marotta fu incaricato di comporre le musiche, oggi perdute, per la tragedia Pelagius martyr (San Belagio martire), commissionata al gesuita Fabrizio de Spuches dal viceré Francesco Castro duca di Tauresana, e poi rappresentata nel collegio gesuitico. È stato inoltre ipotizzato che i madrigali dell’Aminta siano stati eseguiti come intermedi, quando l’omonima favola pastorale di Tasso fu rappresentata allo Spasimo, al tempo del viceré duca d’Ossuna (1611-1616). La corrispondenza tra il padre generale dei gesuiti e i confratelli siciliani rende manifesto che i superiori della Compagnia non vedevano di buon occhio le esecuzioni di musica del Marotta, malgrado valessero più di qualunque predica «ad efficiendos enim pios et salutares animi motus» (Aguilera, p. 393). In particolare, veniva deplorato ch’egli suonasse e cantasse avvalendosi di musicisti esterni e che nei collegi fossero eseguiti «dialoghi vulgari con balli et moresche» (lettere del 26 marzo 1616: cit. in Calagna, p. IX). Di nuovo nel 1618 e ancora nel 1619, il padre generale ribadiva la proibizione di far musica con musicisti esterni e si rifiutava di dispensare il Marotta da alcuni esami di teologia. Nel febbraio 1620 il generale della Compagnia permetteva tuttavia l’esecuzione di musiche del Marotta, a patto che quest’ultimo non vi prendesse parte, considerato che si trattava di opere «spirituali e che caggionano consolatione e divotione» (ibid., p. X).
In conseguenza di questo clima di ostilità, nell’ottobre 1620 il Marotta fu trasferito a Mineo, presso Catania, come rettore del locale collegio dei gesuiti, restandovi per il consueto triennio, sino al novembre 1623.
Anche la sua permanenza a Mineo lasciò traccia di alcune attività musicali: documenti contabili attestano, infatti, spese per esecuzioni di musiche in occasione delle feste di S. Francesco Saverio e di S. Ignazio, per l’acquisto di carta rigata e di un organetto. Rientrato a Palermo, il Marotta vi fu accolto calorosamente, ma con ogni probabilità si astenne per qualche tempo dal partecipare in prima persona all’attività musicale. All’epoca riuscì a guadagnarsi la fiducia di Antonio Aragona Moncada, duca di Montalto, e di sua moglie Juana de la Cerda, divenendo confessore di entrambi. In tale veste, nel 1628, il Marotta fu coinvolto nella fondazione a Palermo del nuovo monastero carmelitano dell’Assunta, di cui la duchessa divenne priora nel 1633, col nome di madre Teresa dello Spirito Santo. Sempre nel 1628 il Marotta si recò a Randazzo per fondarvi un collegio ma l’iniziativa andò avanti fra molte difficoltà e nel 1638 il collegio fu chiuso.
Negli ultimi anni di vita il Marotta ritornò a dedicarsi alla musica. Nel 1635 un suo parente, Agapito Marotta, curò la stampa a Palermo dell’unica opera del Marotta pervenutaci integralmente: la Raccolta dei mottetti. Libro primo, a due, tre, a quattro, cinque con il basso continuo et un salmo a tre et una litania a cinque o a sei, dedicata a una figlia dei duchi di Montalto, carmelitana scalza col nome di suor Antonia Gertrude. Del 1635 è anche il pianto della Maddalena. Sempre a Palermo nel 1636 pubblicò una raccolta di Madrigaletti a tre e due voci, oggi perduti, così come un’altra sua opera menzionata in un inventario soltanto come «musica cum quatuor vocibus» (Federhofer). I documenti contabili del collegio gesuitico di Palermo mostrano il Marotta sovrintendere di nuovo alla musica della chiesa negli anni 1638-40; e nel 1638 due noti organari palermitani, Antonio e Raffaele La Valle jr., lo interpellavano come perito circa la costruzione dell’organo della chiesa madre di Caltanissetta.
Oltre alle opere citate si conserva manoscritta la parte del tenore di alcuni brani appartenenti alla raccolta Miserere e Motteti per li venerdì di Quaresima (Palermo, Arch. della Casa professa dei gesuiti: Calagna) e il mottetto in dialogo Ave quae est ista. Salutatio angelica a due con ripieni, attribuito al Marotta (Mdina, Museo della cattedrale, Mss., Mus. 155a-b).
Per comprendere la figura e lo spessore artistico del Marotta basti citare alcuni giudizi espressi da insigni maestri e critici del passato:
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Ludovico Antonio Muratori lo ritiene l’inventore del Dramma musicale pastorale.
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Antonio Mongitore dà per “Musico peritissimo il Gesuita Erasmo Marotta da Randazzo, cantante eccelso impegnato prima a Messina poi a Roma e Palermo”.
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Vincenzo Percolla nell’opera “Elogio biografico a Vincenzo Bellini“, scritto in occasione del trasporto delle ceneri del grande maestro da Parigi a Catania, così parla del Marotta a pag 82 della sua opera: “ Le prime note armoniose à delicati versi dell’Aminta del Tasso furono apposti da un ingegno Siciliano delle falde dell’Etna – Erasmo Marotta da Randazzo, che molta fama ebbe a Roma ed altrove per musicali componimenti “.
Ancora di lui parla Giuseppe Bozzo nel suo testo “Le lodi dei più illustri Siciliani“, additandolo unitamente ad Alessandro Scarlatti di Trapani ed a Vincenzo Bellini di Catania, come uno tra i più grandi maestri della nostra isola.
Erasmo Marotta morì a Palermo il 6 ottobre 1641, le sue ceneri riposano nella Casa professa di quella città che tanta stima ed amore ebbe per questo grande della musica.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Palermo, Case gesuitiche, Mineo, Casa, Primo Giorn. del Collegio di Mineo, 1616-26, cc. 331, 361, 392, 418, 470, 472, 475; ibid., Serie H, Giornale, b. 5 (1632-40); P. Ribadeneira, Bibliotheca scriptorum Societatis Iesu, Antverpiae 1643, p. 196; E. Aguilera, Provinciae Siculaes Societatis Iesu ortus et res gestae ab anno 1546 ad annum 1672, Palermo 1740, II, pp. 34, 68 s., 393-395; G. Policastro, Musica e teatro nel Seicento nella provincia di Catania, in Rivista musicale italiana, LV (1953), pp. 113-120; H. Federhofer, Musikpflege und Musiker am Grazer Habsburgerhof der Erherzöge Karl und Ferdinand von Innerösterreich (1544-1619), Mainz 1967, p. 294; O. Tiby, I Polifonisti siciliani del XVI e XVII secolo, Palermo 1969, pp. 79-81, 85, 89; F. Camiz, Due quadri musicali di scuola caravaggesca, in Musica e filologia: contributi in occasione del festival Musica e filologia… 1982, a cura di M. Di Pasquale, Verona 1983, pp. 99 -106; P. E. Carapezza, Perennità del folclore: tre esempi nella tradizione musicale siciliana, in Culture musicali, III (1983), pp. 41-46; H. Colin Slim, Musical inscriptions in paintings by Caravaggio and his followers, in Music and context. Essays in honor of John Milton Ward, a cura di A. Shapiro, Cambridge, MA, 1985, pp. 241-263; G. Dispensa Zaccaria, Organi e organari in Sicilia dal ’400 al ’900, Palermo 1988, p. 20; A. Cottino, Il lamento di Aminta, in “La natura morta al tempo di Caravaggio” (catal., Roma), a cura di A. Cottino, Napoli 1995, pp. 150 s.; F. Trinchieri Camiz, «Per prima cosa guarda la lira, per vedere se è dipinta correttamente…»: quadri a soggetto musicale all’epoca di Caravaggio, ibid., pp. 75-79; I. Calcagna: Iesuita cantat, in E. Marotta, Mottetti concertati a due, tre, quattro e cinque voci (1635), a cura di I. Calagna, Firenze 2002, pp. VII-XIX; L. Buono, Strumenti e musici a Messina ed in Sicilia nel XVII secolo, in: Tra Scilla e Cariddi. Le rotte mediterranee della musica sacra nel Cinque e Seicento. Atti del convegno, Reggio Calabria-Messina… 2001 (in corso di stampa); Répertoire international des sources musicales, B/I, Recueils imprimés XVIe-XVIIe siècles, 1598/8, 1616/10; Biblioteca della musica italiana vocale profana (Nuovo Vogel), II, pp. 1064 s.; Dizionario enciclopedico universale della musica e dei musicisti, Le biografie, IV, p. 673; The New Grove Dict. of music and musicians, XV, pp. 879 s.; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Personenteil, XI (2004), coll. 1124 s. A. Tedesco.