Un Quartiere Scomparso

Un Quartiere Scomparso - Santa Maria dell'Itria

RANDAZZO E LA SUA STORIA

Un quartiere scomparso - Santa Maria dell’Itria

 

Se tanto si è scritto e detto dei famosi tre quartieri che costituivano il nucleo centrale dell’antica città di Randazzo (S. Maria, S. Nicola e S. Martino) attorno a cui gravitava la vita politica, economica, ma soprattutto religiosa della comunità, quasi nulla si sa, se non per qualche rarissima citazione degli storici locali, di un altro importante quartiere ormai scomparso: quello di “Santa Maria dell’Itria”. Ma, prima di parlare di questo scomparso quartiere, vorrei soffermarmi perché ad esso sia stato dato tale nome.

Il titolo di MADONNA DELL’ITRIA, come scrive il Prof. Santi Correnti a pag. 32 della sua opera: “ Saggi Siciliani di Storia e di Letteratura “ è un’abbreviazione dell’antichissimo titolo Bizantino di “ODEGITRIA” o “ ODIGITRIA “, che gli imperatori di Costantinopoli diedero alla Madonna come “guida nel cammino della vita”, che potrebbe tradursi come: “Madonna del Buon Cammino”. Questo culto religioso della Madonna, prosegue il Prof. Correnti, è tipicamente Bizantino e questa speciale devozione alla Madonna Odegitria – o più brevemente dell’Itria – si diffuse in tutti i territori sottoposti ai Bizantini. La Sicilia dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d. C.) fu soggetta a successive invasioni barbariche (Vandali di Genserico, Visigoti di Odoacre, Erulo-Ostrogoti di Teodorico); divenne infine provincia del Sacro Romano Impero d’Oriente tra il 535 e il 550 d.C.

In Calabria a San Basile (Cosenza) esiste ancora un santuario mariano dedicato alla Madonna Odegitria, in Puglia, nella cripta della cattedrale di Bari, si venera ancora un’immagine della Madonna Odegitria che si vuole sia quella originaria venerata nella chiesa degli Odeghi di Costantinopoli, trasportata in Italia nel sec. VIII°, durante la persecuzione degli iconoclasti, da due monaci Basiliani.

In Sicilia il culto religioso della Madonna dell’Itria divenne assai diffuso, tanto che a Patti la chiesa dedicata alla Madonna Odegitria viene ancora chiamata “S. Maria dei Greci ”. Altre chiese esitono in parecchi centri religiosi fino a Roma dove, costituitasi nel settembre del 1593 la Confraternita Siciliana di Santa Maria dell’Itria, ebbe dal Papa Clemente VIII°, in data 5 febbraio 1594, l’autorizzazione a costruire una chiesa e un ospedale su una vasta area edificabile donata alla Confraternita dal siciliano Matteo Catalani divenendo, una volta edificata, la “ Chiesa Nazionale dei Siciliani in Roma “.

Anche in territorio di Randazzo massiccia fu la presenza dell’elemento bizantino. In contrada “ Sant’Anastasia “ sorgeva, infatti, un centro bizantino che ci viene confermato non solo dai ritrovamenti archeologici, ma anche da tre vistose costruzioni che, con parola araba, le popolazioni locali chiamano “ CUBE “. Esse rappresentano la testimonianza di come dovette  colà fiorireun centro bizantino fino alle incursioni arabe (869 d.C.), tempo in cui la popolazione  cercò asilo più sicuro  contro le frequenti incursioni sulle balze dell’Alcantara su cui sorge l’attuale città.

Il sito in cui si trova Randazzo si sarebbe prestato perfettamente  ai requisiti di sicurezza. Esso, infatti, era difeso da due fiumi: dall’attuale Alcantara e dal cosiddetto “ Fiume Piccolo “ che, fino al 1536, circondava Randazzodalla parte di mezzogiorno, passando per il “Piano di Tutti-Santi “.

La città era inoltre difesa a ponente non solo dall’imponente ciglione lavico su cui sorge l’attuale Castello Svevo ma anche, a mezzogiorno, da una vasta palude che fu distrutta, assieme al Fiume Piccolo, dalla colata lavica che prese il nome “Annunziata “ dal nome della località che devastò.

Su queste posizioni, naturalmente fortificate, avrebbe trovato pace e sicurezza la popolzione proveniente dal medio corso dell’Alcantara. Randazzo fu successivamente cinta di mura, che migliorarono ed accrebbero notevolmente le sue possibilità di difesa. Il forte incremento demografico degli anni successivi obbligarono parte degli abitanti ad edificare nuovi quartieri al di fuori delle mura di cinta. Sorsero così consistenti nuclei di case nell’attuale quartiere di San Vito, di Tutti Santi e in quello del Carmine.

Ma, senza ombra di dubbio, il quartiere più importante  che venne edificato al di fuori della cinta  muraria fu quello di “ SANTA MARIA DELL’ITRIA “. Esso sorgeva a nord della città, nel vallone all’interno del quale scorrono e si incontrano il fiume Alcantara e il torrente Annunziata. Si snodava lungo le balze del fiume dall’attuale via Pozzo, all’altezza del colle del Monastero dei Cappuccini, fino al Ponte Vecchio sull’Alcantara, nei pressi dell’attuale “Porta Pugliese “, per poi estendersi ed allargarsi nella “ Timpa di San Giovanni “.

La sua importanza è dovuta al fatto che esso divenne il quartiere industriale e commerciale della città, in questo favorito anche dal fatto che veniva attraversato dalla cosiddetta “ Via dei Monti “, unica strada usata dalle carovane dei commercianti che, per sfuggire agli assalti dei pirati barbareschi longo le coste, la usavano per spostarsi da Messina  e dalla costa Jonica verso l’interno della Sicilia fino a Palermo.

Il suo nome era dovuto oltre che alla devozione per la Madonna “Odegitria “ il cui culto religioso era allora il più diffuso in Sicilia e accomunava veramente tutti i siciliani, ma anche e soprattutto perché in detto quartiere venne edificata l’omonima Chiesa che fungeva da Parrocchia e amministrava i Sacramenti agli abitanti il quartiere che veniva più comunemente chiamato dei “ Conciariotti “, segno questo che denota in loco la presenza massiccia dell’industria della concia, in questo favorita dall’abbondanza di acqua.

Nello stesso rione si trovava anche la “Chiesa di San Giovanni Battista “, nonché la più importante fonte di approvvigionamento idrico della città: la “ Fontana Grande “ e quella del “ Gallo “, così chiamata perché sopra una pietra della stessa un’ignoto artista vi aveva scolpito la figura di un gallo.

L’espandersi del quartiere determinò successivamente la costruzione di altri due edifici Sacri: La “Chiesa della Misericordia” e il “Convento di S. Onofrio” dei padri cappuccini. Quest’ultimo costruito così male da franare nel torrente Annunziata pochi decenni dopo la sua edificazione.

A questo punto viene spontaneo chiedersi come mai questo grosso ed importante aglomerato urbano possa essersi del tutto volatilizzato lasciando pochissime tracce della sua esistenza. La risposta ci viene fornita dal compianto storico locale, il Salesiano Prof. Don S. Calogero Virzì che, in una delle sue ultime opere: “ La Chiesa di S. Maria “, elencando una serie di avvenimenti  catastrofici per la città, così si esprime a pag.  69 di detto volume: “ La tempesta più disastrosa che subì la città fu quella del 1682. Fu un alluvione che distrusse i due ponti sull’Alcantara, trascinò via l’intero quartiere di S. Maria dell’Itria, distrusse la Chiesa di San Giovanni, il vicino mulino e interrò la Fontana Grande lasciando la città priva di acqua “.

Cause, quindi, d’ordine naturale quelle che diedero vita alla scomparsa, nell’anno 1682, di questo grosso ed importante quartiere di cui nessuno si è fin qui occupato, se non per cenni. Quasi nulla rimane oggi a testimonianza di tale aglomerato urbano; negli ultimi decenni l’area su cui sorgeva è stato completamente stravolto con l’edificazione di laboratori artiglianali e case di abitazione.

Sono scomparsi alcuni tratti, ancora visibili fino a qualche anno fa, dei canali che portavano l’acqua al mulino per il funzionamento delle macine, i ruderi del mulino stesso, ciò che rimane della “Fontana Grande “ ormai seminterrata, nonché i diroccati muti perimetrali  della Chiesa di “ Santa Maria della Misericordia “ presso il torrente Annunziata, ed alcuni esili tracce della Chiesa che ha dato il nome a questo quartiere.

Ridotta ad un ammasso di rovine dai bombardamenti del Luglio-Agosto 1943, era proprietà del Sig. Paolo Caldarera. Fino al 1990 erano ancora visibili alcuni pezzi sparsi qua e la dei muri perimetrali, i resti di un deturpato affresco incorniciato all’interno di un archetto a tutto sesto in pietra arenaria, nonché la fossa destinata a sepoltura che sorgeva al centro della Chiesa; il tutto già allora manomesso dalla mano e dall’incuria dell’uomo.

Randazzo 11 Settembre 2020