Monastero di San Bartolomeo
Monastero di San Bartolomeo
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- Categoria: I Conventi e i Monasteri
- Pubblicato: Martedì, 27 Agosto 2019 21:32
- Scritto da Salvatore Rizzeri
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IL MONASTERO DI SAN BARTOLOMEO
( Benedettine di clausura )
di
Salvatore Rizzeri
Monastero e Chiesa di San Bartolomeo
Era uno dei tre Monasteri di Benedettine presenti a Randazzo, di esso ignoriamo sia il tempo, che le circostanze della fondazione. I bombardamenti alleati del Luglio-Agosto 1943 oltre a distruggerlo totalmente, hanno cancellato ogni traccia e documento che potesse consentirci di formulare una ipotesi, la più verosimile possibile, in ordine al periodo della sua fondazione. Si ergeva, imponente per la sua posizione, sul colle di S. Pietro, a pochi metri da detta piazza. Sappiamo solamente che il nome gli deriva da una chiesetta dedicata al Santo che esisteva nell’ambito del Monastero e che fu in seguito diroccata per costruirvi quella attuale, unico edificio rimasto, di tutto il complesso monastico. La notizia più antica e certa riguardante questo Monastero risale al 1575 quando, essendo scoppiato il terribile morbo della pestilenza nella città ed essendone infettato il quartiere di Santa Maria, le monache dell’altro Monastero Benedettino di San Giorgio si trasferirono in questo per sfuggire al contagio, rimanendovi fino al 1580 anno in cui l’epidemia cessò. Nell’anno 1746 l’Arcivescovo di Messina Mons. Tommaso Moncada, giunge a Randazzo per la consacrazione della Chiesa di S. Martino, iniziando le funzioni proprio nella Chiesa di questo Monastero, che certamente lo ospitò. Altra data riferentesi alla vita del Monastero quella del 1747, anno in cui una suora del Convento, Suor Gesualda Smarra, andò ad aprire il Monastero Benedettino di Castiglione di Sicilia. Nel 1866, a seguito della emanazione delle Leggi eversive sulle Corporazioni religiose, che tanto danno provocarono in Italia e soprattutto a Randazzo per l’enorme patrimonio artistico, librario e monumentale che andò disperso, anche questo Monastero venne soppresso. Le 18 monache che ancora vi abitavano ebbero concesso il permesso, contemplato dalla Legge, di rimanervi ad abitare vita natural durante. Private delle rendite e remunerate con una misera ed insufficiente pensione governativa, sostenevano la loro vita facendo dolci e ricami. Le ultime suore, le tre sorelle Anzà, vissero fino al principio del 1900. Il Monastero, come si è detto, venne distrutto dalle bombe e da un incendio nel 1943. Unica a salvarsi, anche se notevolmente danneggiata e ridotta in condizioni pietose, fu la Chiesa, di un gentilissimo e decorosissimo barocco. Una lapide in arenaria posta sulla porta di levante ci fa sapere che essa fu ricostruita ed ampliata nell’anno 1616 su progetto dell’Arch. Francesco Rubino: “ Ars et labor – Francisci Rubini – 1616 “. Sul prospetto principale si apre un bel portale in pietra lavica ( 1637 ) di stile classico, delimitato da colonne ioniche poggianti si plinti di media grandezza. Nel 1844 la Chiesa venne ulteriormente rinnovata ed abbellita nel suo interno con stucchi e dorature, tanto da farla ritenere una delle più belle Chiese della città; notizia questa che ricaviamo dalla lapide posta sulla porta centrale, la cui epigrafe qui riportiamo:
D.O.M.
AEDES DIVO BARTHOLOMEO APOSTOLO DICATA
QUAE NUPER SACRIS FACIENDIS PARUM ERAT
DECORA NUNC INSTAURATA ET TABULIS BENE PICTIS
EXORNATA ALTARIBUS LIGNEIS EVERSIS ET AB INTEGRO
EXTRUCTIS PARIETIBUS ET FORNICE MARMORATO EXPOLITIS
AURO QUOQUE ET MAGNIFICENTIAM ET ELEGANTIAM SUPERADDITO
IN VETUSTISSIMAM FORMAM REDIGITUR
REM AGGRESSUS EST ATQUE PERFECIT CAN. cus JOSHEP PLANAUS
CURATOR DE COENOBIO EIUSDEM TITULI BENEMERENTISSIMUS
SOROS D.na TERESIA ALESSANDRO ANTISTITA
FRANCISCUS CONSULUS ARTIFEX CATHANENSIS
ANNO M.DCCC. XL. IV.
La Chiesa era inoltre adorna di quadri, paramenti e suppellettili di pregevole valore artistico, parte dei quali ancora conservati nella Chiesa parrocchiale di S. Martino cui, l’ormai sconsacrato tempio, appartiene. ( Per un’ elenco ed una descrizione completa delle opere appartenenti alla Chiesa si consulti l’opera inedita di S. Rizzeri “ Le Cento Chiese di Randazzo “ ).[1]
Dal 1985, e per alcuni anni, grazie alla generosa concessione del Parroco Don V. La Rosa, fu sede dell’Associazione di storia patria “ Vecchia Randazzo “, diretta dal compianto Don S. Virzì, nonché dell’Associazione di artisti “ Arte S. Bartolomeo “.
[1] S. Rizzeri “ Le Cento Chiese di Randazzo “ Ediz. 2008, n. 103 pagg. 108 - 112.